La Commissione europea ha recentemente intrapreso una decisiva azione contro l’uso di alcune piante, tra cui l’Aloe e il Rabarbaro, negli integratori alimentari. Questi divieti si basano sulla presenza di sostanze chiamate derivati idrossiantracenici , le quali, se testate in forma purificata e ad alte concentrazioni, avrebbero mostrato potenziale pericolo per la salute. Dario Nardella, europarlamentare del Partito Democratico e coordinatore in Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, ha espresso preoccupazione riguardo a questa decisione, sottolineando le conseguenze negative che essa potrebbe avere sulla tradizione alimentare e sulla salute pubblica.
Negli ultimi anni, l’attenzione della Commissione europea verso la sicurezza alimentare ha portato a scelte drastiche, come il divieto di utilizzo dell’Aloe e del Rabarbaro negli integratori alimentari. Queste piante, apprezzate per le loro proprietà nutrizionali e terapeutiche, sono ora oggetto di restrizioni giuridiche in seno alla legislazione europea. I derivati idrossiantracenici , presenti in queste piante, sono stati studiati e ritenuti potenzialmente pericolosi se assunti in forma purificata e in alte concentrazioni.
Tuttavia, Dario Nardella suggerisce che tali risultati dovrebbero essere interpretati con cautela, in quanto le sostanze naturali non dovrebbero essere valutate all’insegna dei risultati ottenuti in laboratorio. La tensione tra sicurezza alimentare e preservazione della tradizione culturale europea è evidente; l’Aloe, per esempio, è ampiamente utilizzata in prodotti che spaziano dalle bevande agli integratori, mentre il Rabarbaro ha una presenza storica nelle cucine di molte nazioni europee.
Nardella critica l’approccio della Commissione, affermando che i test condotti su sostanze purificate sono inadeguati per stabilire i rischi associati agli alimenti che le contengono in forma naturale. Egli sostiene che tale logica potrebbe portare a divieti che non solo metterebbero in pericolo la salute e la tradizione culinaria europea, ma danneggerebbero anche il settore agricolo, che basa il proprio sviluppo su questi prodotti storici.
Il dibattito attorno ai divieti imposti dalla Commissione europea solleva interrogativi significativi riguardo alla sicurezza alimentare e alla possibilità di preservare le tradizioni gastronomiche. Nardella ha evidenziato il rischio che tali regolamentazioni impongano il divieto di alimenti storici della tradizione culinaria italiana ed europea, che al contrario non hanno mai dimostrato di presentare rischi reali per la salute.
Ad esempio, l’attenzione è ora rivolta ai frutti di finocchio dolce, ingredienti fondamentali di un’ampia gamma di alimenti, dall’uso nelle tisane fino alla produzione di liquori. La potenziale inclusione di questa pianta nella lista delle sostanze da vietare rappresenterebbe un duro colpo non solo per i produttori, ma anche per gli appassionati della cucina tradizionale. È evidente che la decisione di vietare determinati ingredienti potrebbe avere impatto devastanti su interi settori economici, nonché sulla salute dei consumatori che apprezzano le proprietà benefiche di prodotti naturali utilizzati da millenni.
In risposta alle politiche della Commissione europea, Dario Nardella ha presentato un’interrogazione prioritaria, chiedendo l’adozione di criteri di valutazione specifici per le sostanze naturali. Questi criteri dovrebbero non solo evidenziare eventuali rischi, ma anche riconoscere e valorizzare le proprietà benefiche di ingredienti che hanno avuto storicamente un ruolo fondamentale nella salute e nel benessere umano.
Nardella sostiene che la scienza deve essere al servizio della cultura e della tradizione, e che un approccio equilibrato alla regolamentazione è essenziale. L’europarlamentare richiede quindi misure che possano garantire la sicurezza alimentare senza compromettere la preservazione delle tradizioni alimentari.
L’adozione di pratiche più adeguate nella valutazione di queste sostanze potrebbe non solo salvaguardare il patrimonio gastronomico europeo, ma anche promuovere l’innovazione nel settore agricolo e la ricerca di soluzioni alternative per garantire la salute pubblica, senza rinunciare a un’eredità culturale che merita di essere rispettata e preservata.