Una spedizione nelle alte valli himalayane
Una piccola spedizione marchigiana, organizzata da Arte Nomade di Macerata, è rientrata in Italia dopo un mese di ricerca antropologica nelle gole del Budhi Gandaki, un fiume che scorre dal Tibet al Nepal. Questo fiume è considerato il più pericoloso del mondo a causa delle rapide potenti che si formano nella sua stretta gola. Nonostante ciò, alcune comunità di etnia bhoti vivono qui, in piccoli villaggi, sfruttando le radure per l’agricoltura.
La vita delle comunità bhoti
Le comunità bhoti sono principalmente di origine tibetana e sono arrivate qui negli anni ’50 a causa dell’invasione cinese che ha portato all’esilio migliaia di tibetani, compreso il Dalai Lama. Queste persone sono di religione buddhista e si dedicano all’allevamento di yak e alla coltivazione di orzo. I loro villaggi, situati a oltre 4.000 metri di altitudine, sono caratterizzati da colorate bandiere votive e sono costruiti in pietra. Nonostante le difficili condizioni climatiche, queste comunità sono riuscite a sopravvivere in questo ambiente ostile.
L’impresa della spedizione marchigiana
La spedizione marchigiana ha percorso l’intera valle del Budhi Gandaki, superando il passo Larkhya La, che si trova a oltre 5.000 metri di altitudine. Nonostante le temperature estremamente basse e il ghiaccio lungo il percorso, la spedizione è riuscita a superare con successo questa sfida. Nel gruppo c’erano Maurizio Serafini, uno studioso dell’orientalista maceratese Giuseppe Tucci, Cristina Menghini, che ha documentato l’etnia bhoti attraverso foto e video, e Vincenzo Monaco, medico e farmacista. Arte Nomade, grazie alle spedizioni e all’archivio lasciato in eredità da Tucci, possiede un archivio privato di grande valore che contribuisce alla conoscenza di questa regione remota del mondo.