Scoperta shock: fossa comune con oltre 100mila corpi rinvenuta vicino Damasco

A 40 chilometri a nord di Damasco, è stata scoperta una fossa comune che potrebbe contenere i resti di oltre 100mila persone. Questo inquietante ritrovamento è avvenuto nella località di al-Qutayfah ed è stato riportato dall’emittente al-Jazeera, richiamando l’attenzione internazionale su una tragedia che affligge la Siria da decenni. La stima sul numero dei corpi proviene da Mouaz Moustafa, il quale dirige la Syrian Emergency Task Force, un’organizzazione non governativa operante negli Stati Uniti. Questo sito si aggiunge a una lista crescente di fosse comuni già identificate nel paese, che elevano il numero complessivo a 13.

Le evidenze di un passato di violenze

Le fasi di scoperta di questa fossa comune non sono affatto isolati. Già in altre fosse rinvenute nel sud della Siria, i cui dettagli sono stati resi noti da al-Jazeera, sono stati trovati 22 corpi, inclusi quelli di donne e bambini, tutti con segni di torture e di esecuzioni. Vall, un attivista che ha commentato questa rivelazione, ha dichiarato: “Queste fosse comuni custodiscono i segreti di 54 anni di dispotismo, torture e dittatura. Questo è solo l’inizio.” Le parole di Vall evidenziano la necessità di esaminare a fondo il passato oscuro e complesso della Siria, dove la violenza politica e le violazioni dei diritti umani sono state all’ordine del giorno per decenni.

Il regime di Bashar al-Assad, succeduto al padre Hafez che governò il paese fino alla sua morte nel 2000, è accusato di essere responsabile di una serie di crimini contro l’umanità, comprese esecuzioni extragiudiziali di centinaia di migliaia di persone. L’accademico Ugur Umit Ungor, esperto in studi sul genocidio all’Università di Amsterdam, ha dichiarato a al-Jazeera che la scoperta della fossa comune centralizzata ad al-Qutayfah testimonia la brutalità della “macchina di morte” messa in atto dal regime di Assad. Le dimensioni e la gravità di questa scoperta riaccendono un dibattito globale su giustizia e responsabilità per i crimine commessi durante il conflitto siriano.

Nuove prospettive politiche da Hayat Tahrir al-Sham

Nel contesto tumultuoso della Siria, un altro sviluppo significativo è avvenuto: Mohammed al-Jawlani, leader di Hayat Tahrir al-Sham , ha annunciato l’intenzione di sciogliere i gruppi armati attivi nel paese per integrare i combattenti nell’esercito statale. Durante un incontro con la comunità drusa, al-Jawlani ha affermato: “I combattenti sono pronti a fare parte del ministero della Difesa e saranno soggetti alla legge.” Questa dichiarazione potrebbe rappresentare un cambiamento importante nell’equilibrio di potere in Siria, ponendo l’accento sulla necessità di creare una struttura militare unificata e legale.

Al-Jawlani ha inoltre proposto un “patto sociale” che auspica la coesistenza pacifica tra diversi gruppi etnici presenti in Siria, il che potrebbe essere una mossa decisiva per promuovere la “giustizia sociale” all’interno di una nazione lacerata dalle divisioni settarie e politiche. Questo tentativo di normalizzare le relazioni tra le differenti fazioni armate potrebbe favorire una maggiore stabilità nella regione, specialmente in un contesto segnato da conflitti interni.

In Siria, il quadro è complesso, con una pletora di gruppi armati, tra cui le milizie curde e i combattenti sostenuti dalla Turchia, che continuano a essere in conflitto nel nord del paese. Al-Jawlani ha messo in evidenza la necessità di una “mentalità dello Stato” rispetto a quella dell’opposizione, per costruire le fondamenta di un futuro più pacifico e coeso in un paese distrutto dai conflitti. La sua proposta potrebbe rappresentare una risposta alle sfide attuali, mirando a unire diverse fazioni disperse sotto un’unica bandiera.

In questo contesto fragile, la Siria si trova di fronte a sfide enormi, ma anche a possibilità di cambiamento. Gli sviluppi avvenuti finora offriranno nuovi spunti di riflessione per la comunità internazionale, impegnata a monitorare la situazione politica e sociale.