Un evento drammatico si è verificato a circa 40 chilometri a nord di Damasco, in una zona chiamata al-Qutayfah, dove è stata rinvenuta una fossa comune che potrebbe contenere i resti di oltre 100mila corpi. La notizia, riportata dall’emittente al-Jazeera, si basa su valutazioni fatte in loco da Mouaz Moustafa, dirigente dell’organizzazione non governativa Syrian Emergency Task Force. Questa scoperta si somma a un numero crescente di fose comuni rinvenute nel sud della Siria, in un contesto segnato da violenze e atrocità recenti.
Le atrocità dietro la fossa comune
La fossa comune di al-Qutayfah non è l’unica a sollevare interrogativi sulla brutalità del regime siriano. In un’altra fossa comune già identificata, sono stati trovati 22 corpi, risultati vittime di torture e uccisioni eseguite senza processo. Le testimonianze raccolte da al-Jazeera riportano le parole di Vall, un attivista che ha sottolineato che queste fosse comuni racchiudono il dramma di 54 anni di tirannia, torture e repressione. Questo scenario mette in luce il pesante fardello di sangue che grava sulla Siria, un paese segnato da un lungo conflitto e da violazioni sistematiche dei diritti umani.
La mappa delle fosse comuni si amplia, testimoniando una realtà angosciante in cui le famiglie ricercano i propri cari scomparsi, spesso senza alcuna notizia. Le scoperte avvenute in quest’area arricchiscono il già nutrito catalogo delle violazioni perpetrate dal regime di Bashar al-Assad e da suo padre, Hafez. Entrambi sono accusati di aver orchestrato esecuzioni extragiudiziali su larga scala, che hanno contribuito a un totale stimato di centinaia di migliaia di morti.
Il parere degli esperti sulla macchina di morte del regime
In questo clima già pesante, si è espresso Ugur Umit Ungor, docente di studi sul genocidio all’Università di Amsterdam, che ha dichiarato ad al-Jazeera la scoperta di Al-Qutayfah come “una conferma della macchina di morte prodotta dal regime di Assad”. Le sue parole rendono evidente il senso di impotenza di fronte a un apparato statale che continua a perpetrate atrocità mentre la comunità internazionale fatica a trovare risposte adeguate. La scoperta della fossa comune rappresenta quindi un ulteriore tassello all’interno di un catastrofico quadro umano, caratterizzato da sofferenza e silenzi.
Le fosse comuni diventano un simbolo di una violenza mai completamente compresa fuori dai confini siriani. Le pubblicazioni e i reportage rischiano così di diventare documentazione perduta, in un contesto dove il numero delle vittime tende ad aumentare senza sosta, lasciando dietro di sé memorie e storie in attesa di giustizia.
Sviluppi in corso: al-Jawlani e il futuro dei gruppi armati in Siria
Intanto, si registra una nuova iniziativa da parte del leader di Hayat Tahrir al-Sham , Mohammed al-Jawlani, il quale ha annunciato il suo intento di sciogliere i gruppi armati attualmente presenti nel paese e di integrarli nell’esercito statale. Durante un incontro con i membri della comunità drusa, al-Jawlani ha dichiarato che i combattenti saranno pronti a unirsi al ministero della Difesa nazionale e saranno soggetti alle normative vigenti.
Al-Jawlani non si è limitato a questa dichiarazione, ma ha anche suggerito la creazione di un “patto sociale” essenziale per favorire una coesistenza pacifica tra i vari gruppi etnici della Siria, cercando di portare avanti un messaggio di giustizia sociale. Questa proposta giunge in un momento cruciale, poiché il panorama siriano è afflitto da una molteplicità di gruppi armati, tra cui milizie curde e combattenti sostenuti dalla Turchia, che sono in conflitto tra di loro nel nord del paese.
L’appello per una nuova mentalità, una “mentalità dello Stato”, evidenzia la complessità delle dinamiche siriane. Al-Jawlani, attraverso quest’iniziativa, ambisce a rimodellare il futuro della Siria, affrontando le divisioni interne e proponendo un approccio nuovo e condiviso, in un’epoca in cui la pace e la stabilità sembrano ancora lontane.