Roma negli anni ’60: il memoir di André Aciman racconta un’esperienza trasformativa

André Aciman esplora la sua giovinezza a Roma negli anni ’60 nel memoir “My Roman Year”, riflettendo su identità, appartenenza e le sfide di un giovane rifugiato in cerca di connessione.
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André Aciman, autore di grande successo noto per il suo libro “Chiamami con il Tuo Nome“, torna a raccontare una parte significativa della sua vita attraverso il nuovo memoir “My Roman Year“. Ambientato nella Città Eterna di metà anni ’60, il libro si sviluppa come un viaggio nostalgico che esplora l’impatto di Roma sulla vita di un giovane costretto a ricostruire la propria identità dopo la fuga dall’Egitto. Il racconto è un mix di memorie personali e riflessioni profonde su appartenenza e solitudine, creando un affresco vivo di una città ricca di storia e cultura.

Le radici di una famiglia in fuga

Nato ad Alessandria, in Egitto, 73 anni fa, Aciman proviene da una famiglia sefardita che ha una storia di esilio risalente al sedicesimo secolo. Nel 1965, a causa delle politiche nazionaliste di Abdel Nasser, la famiglia Aciman è costretta a lasciare il Paese natale, giungendo in Italia dopo un periodo di transito a Napoli. L’accoglienza italiana, romantizzata nei film dell’epoca e dal fascino di Sophia Loren, si scontra con la cruda realtà della vita quotidiana di un rifugiato. André, insieme al fratello minore e alla madre sorda, si ritrova in un campo profughi, abbandonando tutte le certezze legate alla sua giovinezza.

Un prozio, che era uscito dall’Egitto anni prima, offre loro un rifugio in un appartamento nel quartiere Appio-Tuscolano, una sistemazione inaspettata che era stata utilizzata come bordello. La nuova vita in Italia è estranea e piena di sfide, e il giovane Aciman si trova a sperimentare la marginalità e la vulnerabilità, mentre il fratello si integra più velocemente nella società. André, al contrario, trova conforto nella letteratura, rifugiandosi nei mondi di Proust e Kafka per evadere dalla difficile realtà che lo circonda.

Roma: un amore nascente

Il memoir di Aciman rivela il suo profondo legame con Roma, una città che inizialmente percepiva come aliena e ostile. Tuttavia, attraverso le passeggiate solitarie e le esplorazioni durante il tempo libero, Aciman inizia a costruire un legame personale con la capitale. Le sue scoperte lo portano a esplorare non solo i monumenti iconici e le bellezze barocche, ma anche la magica atmosfera delle strade storiche, che diventano lo sfondo delle sue esperienze formative.

In questi momenti, la città si trasforma da un semplice palcoscenico in un protagonista attivo della sua vita. Aciman riesce ad abbracciare l’idea dell’amore non solo in riferimento a un’altra persona, ma anche come sentimenti intrisi di nostalgia e desiderio di connessione con un luogo. Le esperienze che vive in quel periodo plasmano il suo pensiero e la sua scrittura, fondendo memoria e quotidianità in un viaggio che va oltre i confini temporali.

Innamoramenti e scoperte personali

Romanticamente timido e affascinato dall’amore in molteplici forme, Aciman racconta nel suo memoir le sue prime esperienze sentimentali. La sua passione si sviluppa attraverso l’incontro con due vicine di casa, una liceale e una sarta più grande, accendendo sentimenti contrastanti e infondendo nel suo viaggio una maggiore complessità emotiva. Parallelamente, si intreccia anche la figura di Gianlorenzo, un giovane con cui Aciman condivide una connessione speciale, avvicinandosi alla rivelazione dei suoi sentimenti.

La descrizione di queste esperienze relazionali non è solo un viaggio attraverso l’amore giovanile, ma un riflesso del suo status di outsider. Come osserva Jonathan Galassi, il suo editor, Aciman riesce a dare voce a una fluidità d’identità che permette ai lettori di esplorare le proprie ambivalenze. La sua scrittura riesce a catturare la sfumatura dell’esperienza umana attraverso le lenti di una diaspora familiare, dove l’equilibrio tra il sentirsi parte di un luogo e l’essere sempre “la gente di altrove” viene costantemente rivisitato.

Il messaggio di un’identità in continuo divenire

My Roman Year” non si limita a essere un ricordo nostalgico, ma si fa portavoce di tematiche universali come identità, dislocazione e la ricerca di appartenenza. Attraverso un linguaggio evocativo e una narrazione coinvolgente, Aciman esplora le sfide che molti immigrati e rifugiati affrontano nel tentativo di adattarsi a una nuova vita. Le sue parole risuonano con la realtà di chi ha lasciato tutto alle spalle nella speranza di ricostruirsi in un contesto estraneo, segnalando una continua ricerca di casa e di conforto emotivo.

Nel complesso, il memoir di Aciman non è soltanto una cronaca della sua giovinezza a Roma, ma diviene il racconto di una condizione esistenziale che affronta questioni di alienazione ed esplorazione interiore. La sua esperienza si integra perfettamente nel contesto culturale italiano degli anni ’60, rendendo vivida e palpabile l’atmosfera di una Roma che accoglie mentre trasforma, nutre e ispira.