Recentemente, il Consiglio d’Europa ha pubblicato un rapporto significativo che mette in luce la preoccupante realtà della profilazione razziale in Italia. Secondo quanto riportato dalla commissione contro il razzismo e l’intolleranza , le forze dell’ordine italiane adottano frequentemente pratiche di controllo e fermi basati sull’origine etnica. Questa prassi, sebbene ben documentata da testimonianze di diverse comunità, sembra non suscitare la giusta consapevolezza all’interno delle autorità competenti.
Il termine “racial profiling“, o profilazione razziale, si riferisce ai controlli e ai fermi di polizia effettuati con una motivazione basata, in parte, sull’origine etnica delle persone. Secondo il rapporto dell’Ecri, l’Italia si trova in una posizione critica, con una prevalenza di tali pratiche che coinvolgono in modo sproporzionato le comunità Rom e le persone di origine africana. Questi dati sono stati confermati da diverse organizzazioni di monitoraggio che hanno raccolto evidenze e testimonianze dirette di soggetti colpiti.
La commissione ha sottolineato che le autorità italiane non raccolgono dati adeguati sui fermi e sui controlli effettuati dalla polizia. Questo impedisce di ottenere un quadro chiaro della portata del problema. La mancanza di dati disaggregati rende difficile valutare la gravità della situazione e, di conseguenza, non consente di tematizzare la profilazione razziale come una forma di razzismo istituzionale. Le conseguenze sono gravi e si riflettono non solo sulla vita dei soggetti colpiti, ma anche sulla fiducia generale della popolazione nei confronti delle forze dell’ordine.
La risposta al rapporto dell’Ecri non si è fatta attendere. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha reagito con fermezza alle accuse rivolte alle forze di polizia italiane, sottolineando l’impegno e il lavoro quotidiano degli agenti nel garantire la sicurezza dei cittadini, senza distinzioni. Meloni ha definito le accuse come “ingiuriose” e ha fatto risaltare il rispetto dovuto a chi svolge servizio pubblico. Questa posizione riflette una difesa dell’operato delle forze dell’ordine che continua a essere un tema caldo di discussione nel panorama politico italiano.
La dialettica tra le istituzioni e le osservazioni critiche dell’Ecri evidenzia un disallineamento significativo tra la percezione del problema e la realtà dei fatti riportati. È fondamentale comprendere che le istituzioni hanno un dovere di rispondere alle preoccupazioni espresse da organismi internazionali, specialmente quando si tratta di diritti umani e di giustizia sociale.
Il rapporto dell’Ecri non si limita a evidenziare la pratica del racial profiling, ma analizza anche le sue conseguenze. La commissione ha affermato che tali pratiche hanno effetti devastanti sui gruppi colpiti, causando umiliazione, ingiustizia e stigmatizzazione. Queste esperienze non solo influenzano il benessere psicologico degli individui, ma generano anche una sfiducia profonda nei confronti delle forze dell’ordine.
Inoltre, l’adozione di pratiche discriminatorie contribuisce a un clima di paura e alienazione, riducendo la propensione delle vittime di reati a denunciare abusi. Ciò ha un impatto diretto sulla sicurezza pubblica: una comunità che ha perso fiducia nelle istituzioni è meno incline a collaborare con la polizia, ostacolando così le indagini e la prevenzione dei reati.
L’Ecri ha raccomandato che siano intraprese azioni concrete per esaminare le pratiche di fermo e controllo. È fondamentale che ci sia un’analisi indipendente, condotta in collaborazione con le organizzazioni della società civile e rappresentanti delle comunità vulnerabili. Solo attraverso un approccio inclusivo e trasparente si possono identificare e correggere le prassi discriminatorie esistenti.
È chiaro che la questione della profilazione razziale in Italia richiede una sensibilizzazione urgente e continua. La formazione dei funzionari delle forze dell’ordine deve includere programmi specifici volti a prevenire la profilazione razziale e a riconoscere i modelli di razzismo istituzionale. Investire nell’educazione delle forze di polizia non solo serve a migliorare la qualità del servizio reso ai cittadini, ma è anche essenziale per ripristinare la fiducia del pubblico.
Attraverso l’adozione di misure proattive e una maggiore consapevolezza del problema, le istituzioni italiane possono intraprendere un percorso di crescita e miglioramento che porti a una società più equa e giusta, in grado di garantire la sicurezza per tutti, senza distinzioni basate sull’origine etnica. Le parole dell’Ecri devono fungere da stimolo affinché si attuino cambiamenti concreti e duraturi, indispensabili per un’Italia inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti i suoi cittadini.