Parità di genere nella medicina: le donne superano il 51% ma stentano al vertice nel Servizio sanitario

L’emergere di una nuova generazione di professioniste della salute nel Servizio sanitario nazionale ha segnato un cambiamento significativo, ma la strada verso una reale parità di genere è ancora lunga. Secondo il III Rapporto sulla ‘Salute e il sistema sanitario’, presentato a Roma dall’Osservatorio Salute, legalità e previdenza, la presenza femminile tra i medici supera il 51%, mentre solo una frazione di questi occupa ruoli di vertice come i primari. Nonostante i progressi, il rapporto evidenzia le disuguaglianze di genere che perdurano all’interno della sanità pubblica.

L’incremento delle dottoresse nel Servizio sanitario nazionale

Negli ultimi anni, il numero di donne impiegate nel Ssn è aumentato in modo costante. A dicembre 2021, si registrano 450.066 donne con contratto a tempo indeterminato, rappresentando il 51,3% del totale dei medici. La quota femminile è destinata a crescere, considerando la maggiore presenza di ragazze nei corsi di laurea in medicina e nelle professioni sanitarie. Questo cambiamento nel panorama professionale va di pari passo con una maggiore attenzione verso le necessità specifiche delle donne nel settore sanitario, che sta guidando nuove politiche di assunzione e mantenimento.

Tuttavia, nonostante questo aumento significativo, la sottorappresentazione delle donne in ruoli dirigenziali e apicali è preoccupante. L’11% dei presidenti degli Ordini professionali provinciali sono donne, e solo il 19,2% dei primari è di sesso femminile. Questo squilibrio non è solo un problema di rappresentanza, ma mette in evidenza dinamiche di potere strette e persistenti che limitano il potenziale delle professioniste nel settore. Mentre 2/3 dei lavoratori nel Ssn sono donne, le opportunità di avanzamento rimangono in gran parte nelle mani degli uomini.

Le sfide lavorative per le professioniste della salute

La mancanza di servizi di conciliazione vita-lavoro e le difficoltà organizzative rappresentano sfide significative per le donne nel settore sanitario. La struttura del lavoro a turni e la necessità di gestire le responsabilità familiari creano un ambiente di lavoro difficile, soprattutto per coloro che aspirano a ruoli apicali. Le donne si trovano spesso a dover scegliere tra la carriera e la vita personale, un dilemma che può scoraggiare molte professioniste dal puntare a posizioni di leadership.

Queste problematiche sono amplificate dalla persistente presenza di norme culturali e sociali che non favoriscono l’uguaglianza, né sul posto di lavoro né nella vita privata. La mancanza di politiche di supporto può rendere difficile il mantenimento di un equilibrio, portando a tassi più elevati di burnout e insoddisfazione professionale tra le medico donne.

L’analisi dell’istruzione e della ricerca nelle scienze mediche

Un altro aspetto critico da considerare è la rappresentanza femminile nelle università italiane, in particolare nei ruoli accademici. Le professoresse ordinate sono solo il 19,3% del totale, una situazione che riflette come la parità non sia solo una questione di accesso alle professioni, ma anche di avanzamento e valorizzazione nel mondo accademico. Per invertire questa tendenza e migliorare la presenza femminile nei ruoli chiave, è necessario un ripensamento delle politiche di assunzione e promozione.

La sproporzione di genere nelle carriere accademiche è influenzata da diversi fattori, tra cui la storicità di un sistema che ha visto la leadership prevalentemente maschile e che richiede un cambio di mentalità e di struttura per favorire l’inclusione delle donne in posizioni significative.

Verso un sistema sanitario più equo

Il Rapporto sulla salute evidenzia come l’uguaglianza di genere nel Servizio sanitario nazionale non sia solo una questione etica, ma anche una necessità per un’adeguata assistenza sanitaria. Investire nell’emancipazione delle donne nella salute potrebbe portare vantaggi a lungo termine, contribuendo a un servizio sanitario migliore e più inclusivo. Si rende necessario un impegno collettivo per garantire che le donne, che oggi costituiscono la maggioranza dei lavoratori nel settore, possano accedere anche ai ruoli decisionali, in modo da riflettere il vero valore e il potenziale delle professioniste in campo medico.