Ospedali: Accoglienza e Supporto per le Donne Vittime di Violenza

Superano i 14.000 gli accessi in pronto soccorso delle donne vittime di violenza

Secondo i dati presentati dal ministero della Salute il 20 novembre scorso, nel 2022 sono stati registrati oltre 14.000 accessi in pronto soccorso da parte di donne vittime di violenza. Questo fenomeno, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica, con una donna su tre che ha subito violenza psicologica o fisica nel corso della propria vita. Tuttavia, i dati raccolti presentano ancora lacune riguardo all’identificazione degli autori della violenza.

Solo nel 10,8% dei casi di ricovero femminile sono disponibili informazioni sull’esecutore della violenza. Questi dati sono stati resi disponibili grazie all’accordo tra l’Istat e il ministero della Salute, che ha permesso di alimentare la banca dati sulla violenza di genere con informazioni sanitarie. L’analisi si basa sugli accessi in pronto soccorso registrati dal sistema Emur e sui ricoveri ospedalieri rilevati tramite la scheda di dimissione ospedaliera (Sdo). I numeri mostrano che le donne tra i 18 e i 34 anni sono quelle che si rivolgono più frequentemente agli ospedali, con il 47,9% di esse straniere. Seguono le pazienti nella fascia di età compresa tra i 35 e i 49 anni. È interessante notare che il 4% delle vittime abbandona il pronto soccorso prima della visita medica o durante gli accertamenti, mentre il 3% rifiuta il ricovero in ospedale.

L’identikit delle donne in pronto soccorso per violenza

Le donne vittime di violenza presentano una varietà di situazioni in termini di accesso al pronto soccorso nelle diverse regioni italiane. Prima della pandemia, l’incidenza degli arrivi per diecimila accessi totali variava da 3,0 in Molise a 23,3 in Liguria. Nel periodo successivo alla pandemia, l’incidenza è variata da 2,6 in Molise a 27,6 in Abruzzo. Questa differenza potrebbe dipendere sia dalla diffusione del fenomeno che dalla diversa propensione a riconoscerlo. Le analisi condotte dal ministero della Salute nel periodo 2014-2021 hanno evidenziato che le iniziative di formazione hanno migliorato la capacità di riconoscere i casi di violenza e di intercettarli nei dati amministrativi. Per quanto riguarda le diagnosi, i traumi e i disturbi della salute mentale sono le condizioni più frequentemente riscontrate.

Il Codice Rosa, un percorso protetto negli ospedali

In Italia, le donne che arrivano in pronto soccorso dopo aver subito violenza possono accedere a un percorso protetto che garantisce cure, sicurezza e orientamento ai servizi antiviolenza per loro stesse e per i figli minori. Dal 2017 sono in vigore le linee guida “Percorso per le donne che subiscono violenza”, che forniscono agli ospedali strumenti operativi per riconoscere la violenza e supportare le vittime, documentando gli episodi alle autorità competenti. Questo percorso, noto come Codice Rosa, è nato nel 2010 a Grosseto grazie all’intuizione della dottoressa Vittoria Doretti, specialista in Cardiologia e Anestesia e rianimazione. Grazie alla collaborazione con la procura e i centri antiviolenza della città, è stato possibile creare un ambiente sicuro dove le pazienti possono sentirsi protette. È stato fondamentale migliorare le competenze del personale sanitario attraverso una formazione multidisciplinare adeguata. Non è stato facile far accettare il pronto soccorso come luogo di incontro per le donne vittime di violenza, ma è stato un passo necessario per garantire loro l’accesso alle cure e la possibilità di parlare della propria situazione. L’obiettivo è quello di rafforzare i legami con i centri antiviolenza e di lavorare in collaborazione con la procura per evitare discriminazioni in caso di denuncia. Il Codice Rosa ha chiesto al governo di prendere sul serio questo problema, ma c’è ancora molto da fare per proteggere le donne dalla violenza.

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