Giorgio Veronesi, figlio del gioielliere Giovanni Veronesi ucciso durante una rapina nel 2013, è indignato per l’indennizzo di soli 50mila euro ricevuto come risarcimento. L’assassino del padre colpì Giovanni oltre 40 volte con un cacciavite e una mazzetta. Secondo Giorgio, lo Stato dovrebbe offrire un aiuto molto più consistente a coloro che si trovano nella sua stessa situazione. Ritiene che l’indennizzo sia inadeguato, soprattutto considerando che l’assassino è stato condannato a 30 anni di carcere, ridotti da un’ergastolo iniziale. Giorgio sottolinea che l’uomo ha rubato oggetti che rappresentavano 30 anni di lavoro di suo padre e che molte persone che hanno subito reati simili non hanno una sicurezza economica, essendo costrette a vendere le proprie attività. Chiede quindi uno stanziamento maggiore da parte dello Stato per queste situazioni.
L’indennizzo di 50mila euro definito irrisorio
Dopo oltre dieci anni, il figlio del gioielliere ucciso ha ricevuto un indennizzo di 50mila euro dal giudice civile di Roma. Tuttavia, questa cifra è stata definita “irrisoria” dai legali di Giorgio Veronesi. L’assassino, Ivan Gallo, era stato licenziato dalla società che si occupava anche del sistema di sorveglianza della gioielleria di Veronesi. Fu arrestato dai carabinieri alcuni giorni dopo in Spagna e condannato all’ergastolo, successivamente ridotto a trent’anni. La motivazione della condanna è stata molto dura, poiché Gallo si era mostrato totalmente insensibile all’omicidio commesso e indifferente ai gravi delitti commessi.
Il brutale omicidio del gioielliere
Ivan Gallo approfittò della sua conoscenza del gioielliere per entrare nel negozio e ucciderlo in modo brutale. Questo delitto suscitò grande impressione a Milano per la sua efferatezza. Nel processo, il giudice scrisse che Gallo, prima di essere catturato, passava le serate assumendo sostanze stupefacenti e dedicandosi ad attività ludiche, facendo progetti per il suo futuro. Il movente della rapina era il desiderio di racimolare denaro per recarsi in Spagna a trovare sua figlia, ma una volta arrivato a Marbella si dedicò anche ad altre attività, come giocare a freccette con un altro tossicodipendente.