Quasi l’88% delle pazienti affette da tumore al seno in stadio precoce con mutazione BRCA è viva a sei anni post-trattamento con olaparib adiuvante. Recentemente, durante il San Antonio Breast Cancer Symposium 2024, sono stati presentati i risultati aggiornati dello studio di fase 3 OlympiA, che indicano significativi miglioramenti nella sopravvivenza globale e nella qualità della vita delle pazienti trattate. Questi risultati si uniscono a quelli precedentemente pubblicati, contribuendo a una crescente fiducia verso l’uso dell’olaparib nella lotta contro il cancro al seno.
Dati dello studio OlympiA: un follow-up significativo
Con un follow-up medio di 6,1 anni, lo studio ha dimostrato che l’uso di olaparib nei pazienti eleggibili, che avevano completato la terapia locale e la chemioterapia, ha portato a una riduzione del rischio di morte del 28% rispetto al gruppo placebo. L’87,5% delle persone trattate con olaparib era ancora vivo a sei anni, rispetto all’83,2% di quelle che ricevevano solo placebo. Il trattamento non solo ha evidenziato vantaggi significativi nei parametri di sopravvivenza, ma ha anche dimostrato una significativa riduzione del rischio di recidive e di tumori secondari. Infatti, rispetto al placebo, olaparib ha abbattuto il rischio di recidiva e di morte per tumore al seno invasivo o per altri tumori del 35%. Tali dati sono stati verificati in vari sottogruppi, compresi pazienti con malattia ad alto rischio positiva ai recettori ormonali.
Caratteristiche del tumore al seno e mutazioni BRCA
Nel 2023, in Italia, sono stati registrati circa 55.900 nuovi casi di carcinoma mammario. La mutazione nei geni BRCA1 e BRCA2 è un fattore critico, specialmente per le donne più giovani, poiché si osserva una maggiore frequenza di diagnosi precoce in questa fascia di età. La dottoressa Alessandra Fabi, della Fondazione Policlinico Universitario A.Gemelli, spiega che la presenza di mutazioni BRCA rende il tumore più soggetto a recidive. Ricerche come quelle dello studio OlympiA forniscono prove che il trattamento adiuvante con olaparib, rimanendo efficace anche a lungo termine, offre prospettive positive per la sopravvivenza delle pazienti. Più di sei anni dopo il trattamento, emergono risultati promettenti riguardo anche alla tollerabilità del farmaco, una considerazione fondamentale per le pazienti più giovani.
Importanza dei test genetici
La dott.ssa Laura Cortesi, esperta in genetica oncologica, parla dell’importanza cruciale di effettuare il test per la mutazione dei geni BRCA al momento della diagnosi. Riconoscere le pazienti idonee per il trattamento con olaparib può migliorare notevolmente la prognosi. Il test, disponibile attraverso oncologi, chirurghi o genetisti, non solo orienta il trattamento della paziente, ma ha anche implicazioni per la salute dei familiari, permettendo un’opportuna consulenza oncogenetica per individuare possibili portatori sani. Il rilevamento di queste varianti patogenetiche consente interventi di sorveglianza per diagnosi precoci e strategie di riduzione del rischio per i familiari.
Profilo di sicurezza dell’olaparib
La sicurezza e la tollerabilità di olaparib continuano a figurare positivamente nei dati più recenti, analoghi alle analisi precedenti. Non ci sono stati aumenti nei rischi associati a condizioni gravi come sindrome mielodisplastica o leucemia mieloide acuta in confronto al gruppo placebo. Il coordinamento dello studio OlympiA ha coinvolto prestigiose istituzioni, tra cui il Breast International Group e NRG Oncology, e i risultati sono stati accolti favorevolmente dalle comunità mediche, confermando l’approvazione del farmaco in diverse nazioni per il trattamento di carcinoma mammario in stadio avanzato e localmente alla malattia.
Riconoscimento della malattia e impatti futuri
Il carcinoma alla mammella, soprattutto negli stadi iniziali, presenta un tasso di sopravvivenza molto elevato, con importanti implicazioni per le terapie future. Negli Stati Uniti, la sopravvivenza a cinque anni per il tumore localizzato è del 99,6%. Nonostante i progressi, un terzo delle pazienti ad alto rischio sviluppa recidive in tempi brevi. La diversità biologica del cancro al seno, insieme alla scoperta dei biomarcatori e della loro relazione col rischio di recidiva, continua a presentare sfide nella ricerca e nella terapia. Le scoperte dall’analisi dei dati hanno chiarito il campo, stimolando ulteriori indagini e miglioramenti nei trattamenti esistenti.