Nelle ultime settimane, in Terra Santa, i cristiani nutrivano la speranza di poter festeggiare il Natale in un clima di pace, in seguito a potenziali accordi tra Israele e Hamas. Purtroppo, la realtà si presenta ben diversa. Un secondo Natale di guerra è all’orizzonte in Ucraina, mentre in Siria i cristiani si trovano a vivere tra paura e speranza. Questo contesto complesso rende le festività natalizie ancora più significative, ma cariche di tensione e incertezze.
Betlemme: una città in silenzio
Tutti gli occhi sono puntati su Betlemme, il luogo simbolo della nascita di Gesù. Il vicario della Custodia di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas, dipinge un quadro desolante: “Betlemme è triste, vuota e silenziosa. Manca la presenza dei pellegrini, manca l’aria di festa”. Le strade, normalmente animate in questo periodo, si trovano desolatamente vuote. Questa assenza non solo rappresenta una mancanza di festeggiamenti, ma evidenzia anche un periodo buio per la regione.
Nonostante il clima di tensione, padre Faltas invita alla speranza. Il concetto di speranza è centrale anche durante il Giubileo attualmente in corso: “Spero che in questi giorni si realizzino i propositi di pace che sembrano definirsi a breve. Sarebbe il miracolo di Gesù Bambino”. Questa aspettativa di pace si potrebbe concretizzare in un momento di rinnovamento per la regione, storicamente segnata da conflitti e divisioni.
Aleppo: festeggiamenti con rispetto
Ad Aleppo, i preparativi per la messa della “notte” di Natale sono in pieno svolgimento ma con delle restrizioni. La celebrazione è stata anticipata alle 18 a causa del coprifuoco. Mons. Hanna Jallouf, vicario apostolico latino di Aleppo, sottolinea l’importanza di festeggiare con delicatezza: “I nuovi governanti ci hanno invitato a celebrare le nostre liturgie come sempre. Al tempo stesso serve delicatezza nel festeggiare: molte persone tra noi e intorno a noi sono in lutto, dopo anni in cui tanto sangue è stato versato.”
In un contesto dove la guerra ha causato tanto dolore, la messa di Natale assume un significato particolare. È un momento di unità, di ritrovo tra comunità che, malgrado le avversità, cercano di mantenere vivi i propri legami e le proprie tradizioni. La celebrazione non è solo un atto religioso, ma un simbolo di resistenza e di speranza per giorni migliori.
Natale di guerra in Ucraina: la resilienza dei cristiani
La situazione si fa ancor più drammatica in Ucraina, dove i cristiani si preparano a vivere il terzo Natale di guerra. Nonostante le difficoltà, le celebrazioni natalizie non vengono cancellate. Le comunità, organizzate dalla Comunità di Sant’Egidio, continuano a pianificare pranzi collettivi e moment di condivisione. “Allestiremo le tavolate nelle chiese e in altri spazi comunitari, ma purtroppo a Kiev saremo costretti ad attrezzarci in sale sotterranee per via degli allarmi,” afferma Yurij Lifanse, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina.
Questa resilienza dimostra come, anche in tempi di conflitto, la voglia di celebrare e di essere uniti prevalga. Le comunità si stringono attorno a valori condivisi, creando spazi di conforto e di speranza. Nonostante le preoccupazioni per la sicurezza, i cristiani non intendono rinunciare ai loro riti e celebrazioni, dimostrando una straordinaria forza di fronte alle avversità.
La narrazione del Natale, di solito caratterizzata da gioia e celebrazione, si colorisce quest’anno di sfumature di tristezza e rinnovata speranza, mentre i cristiani in tutto il mondo affrontano con coraggio le sfide del presente.