“Napolitano al Quirinale: il suo ruolo fondamentale nei rapporti tra Stato e mafia”

Il 28 ottobre 2014, Giorgio Napolitano, allora Capo dello Stato, si è presentato come testimone in un processo a Palermo che trattava dei rapporti tra la mafia e la politica. La sua testimonianza era legata alla cosiddetta trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra dopo le stragi del ’92-’93. La testimonianza è stata resa in seguito alla lettera del consigliere giuridico del presidente, Loris D’Ambrosio, che aveva espresso preoccupazioni riguardo alle sue conversazioni con Nicola Mancino e alle possibili conseguenze che avrebbero potuto avere sulla sua carriera.

La lettera di D’Ambrosio ha suscitato l’attenzione della Procura di Palermo, che ha deciso di sentire anche Napolitano come testimone nel processo. Tuttavia, nella sua deposizione al Quirinale, Napolitano ha smentito le accuse, definendole “ipotesi prive di sostegno oggettivo”. Napolitano ha sempre avuto un rapporto difficile con la magistratura di Palermo: nel 2012 il Presidente sollevò un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, a causa dell’utilizzo di conversazioni telefoniche tra lui e Mancino, intercettate dalla Procura di Palermo. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha successivamente deciso di distruggere le registrazioni delle telefonate.

Nonostante le obiezioni di alcuni legali, la Corte d’Assise di Palermo ha insistito nel voler sentire Napolitano come testimone nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Durante la deposizione, Napolitano ha chiarito di non sapere nulla delle vicende oggetto del processo.

La testimonianza di Napolitano è stata riservata, ma la trascrizione è stata resa pubblica pochi giorni dopo. Nella sua testimonianza, Napolitano ha dichiarato che la mafia voleva destabilizzare il sistema con le bombe degli anni ’90. In conclusione, Napolitano ha sottolineato la necessità di superare lo scontro tra politica e magistratura, ma ha anche citato comportamenti discutibili da parte di alcuni magistrati.

La deposizione di Napolitano ha attirato l’attenzione, con la presenza anche del legale di Totò Riina, Luca Cianferoni. Infine, Napolitano ha definito D’Ambrosio come una persona animata dallo spirito di verità.

La questione della trattativa Stato-mafia e i suoi risvolti restano ancora aperti.

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