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“Molestie sui social media: diversità rispetto alle molestie telefoniche a livello di impatto e reazioni”
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“Molestie sui social media: diversità rispetto alle molestie telefoniche a livello di impatto e reazioni”

La Cassazione ha stabilito che le molestie telefoniche e i messaggi molesti via social non possono essere considerati la stessa cosa. Secondo i giudici, con l’avanzamento delle tecnologie di messaggistica, è possibile gestire le notifiche e decidere da chi si vuole continuare a ricevere chiamate o messaggi. “Nel sistema attuale di messaggistica telematica, il destinatario può evitare l’interazione immediata con il mittente e filtrare le comunicazioni moleste, quindi non è più giustificata l’equiparazione tra le molestie tramite messaggi telematici e quelle tramite telefono”, si legge nella sentenza.

In particolare, la Cassazione ha assolto una donna che aveva chiesto l’amicizia ai propri figli naturali su Facebook e successivamente aveva contattato e inviato messaggi ai loro genitori adottivi. La donna era stata condannata per molestie e disturbo alle persone, ma la Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado. Secondo i giudici, l’invasività di un messaggio telematico dipende dalla scelta del destinatario, non del mittente. Inoltre, la comunicazione molesta che arriva improvvisamente tramite messaggi telematici può essere evitata dal destinatario.

Pertanto, la Cassazione ha stabilito che nel caso di molestie tramite messaggi su Instagram e Facebook, in cui il destinatario può attivare le notifiche dei messaggi in arrivo, l’atto non può essere considerato un reato ai sensi dell’articolo 660 del codice penale, in quanto non è commesso “col mezzo del telefono” come definito dalla giurisprudenza di legittimità.

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