Una vicenda giuridica singolare ha coinvolto il Tribunale di Livorno, dove un uomo ha richiesto l’annullamento del matrimonio per scoprire, dopo quasi due decenni, che la moglie era una donna che aveva precedentemente vissuto come uomo. La sentenza, che ha fatto discutere, stabilisce che la mancanza di conoscenza dell’originario sesso del coniuge non rappresenta un errore tale da giustificare l’annullamento del contratto matrimoniale. La sentenza ha attirato l’attenzione non solo per l’aspetto umano della vicenda, ma anche per le implicazioni giuridiche che comporta.
La questione è emersa nei mesi scorsi quando, a seguito di una separazione consensuale, l’uomo ha scoperto la verità sul passato della moglie durante una visura catastale. Dopo un matrimonio celebrato nel 2003 e una separazione avvenuta nel 2021, l’uomo ha avviato l’iter per l’annullamento del matrimonio, sostenendo di essere stato indotto in errore dall’omissione della moglie riguardo il suo passato di genere. Questa rivelazione ha scatenato un lungo procedimento legale che ha visto il coinvolgimento del Giudice Gianmarco Marinai e delle colleghe Azzurra Fodra e Nicoletta Marino Giudice.
Il marito, tramite il suo legale, ha invocato l’articolo 122 del codice civile, sottolineando che l’errore fondamentale avvenuto all’atto del matrimonio riguardava l’identità e le qualità personali della moglie. Tuttavia, la difesa della donna ha presentato una versione contraria, affermando che il marito fosse stato informato fin dall’inizio della loro relazione riguardo ai cambiamenti del suo genere. Le due posizioni si sono contrastate, portando il tribunale ad approfondire la questione per stabilire se fosse realmente un errore tale da giustificare l’annullamento.
Nel pronunciarsi, il tribunale ha considerato che la mancata conoscenza del passato della moglie, sebbene potesse sembrare un motivo per l’annullamento, non rispondeva ai criteri legali di errore identificato nel rapporto matrimoniale. I giudici hanno stabilito che la questione dell’identità di genere della moglie non costituiva un errore materiale talmente rilevante da invalidare l’unione. Così, l’unico percorso possibile per il marito rimaneva il divorzio, come qualsiasi altra persona in una situazione di separazione.
Nel resoconto del processo, si evince che erano state avviate pratiche di adozione di un bambino che non si erano poi concretizzate. L’uomo si era attenuto a dichiarazioni della moglie riguardo a un intervento di salute che le aveva comportato la perdita dell’utero, mentre la donna ha sostenuto che il marito fosse a conoscenza della sua storia da molto tempo. La sentenza ha sottolineato che la donna aveva manifestato la sua disponibilità a condividere ulteriori dettagli sul suo passato, e che il marito, pur avendo l’opportunità, non aveva voluto approfondire.
La sentenza emessa dal Tribunale di Livorno entra a far parte dell’archivio dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia e potrebbe avere ripercussioni significative nel campo giuridico. Infatti, il caso tocca tematiche delicate legate all’identità di genere, ai diritti matrimoniali e alla trasparenza nelle relazioni. Le posizioni espresse da entrambe le parti nel processo pongono interrogativi sull’importanza di una comunicazione aperta e onesta in un matrimonio, nonché sulle implicazioni legali in situazioni di questo tipo.
Il Tribunale ha determinato che anche se vi è stata un’omissione di informazioni da parte della moglie, questo non può tradursi in un annullamento del matrimonio, evidenziando così la complessità delle dinamiche familiari e le difficoltà legate alla comprensione delle sfide legali connesse ai cambiamenti di genere. Il marito, quindi, proseguirà la sua richiesta di divorzio secondo le normali pratiche legali previste.