Malattia tromboembolica venosa: un fenomeno globale che richiede attenzione

La malattia tromboembolica venosa colpisce 10 milioni di persone ogni anno, con un’alta mortalità. Fattori di rischio specifici per le donne e strategie preventive sono fondamentali per la gestione della condizione.
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Ogni anno nel mondo si registrano circa 10 milioni di casi di malattia tromboembolica venosa , e una persona su quattro perde la vita a causa di complicazioni correlate alla trombosi. Considerata la terza malattia cardiovascolare più diffusa dopo infarti e ictus, la TEV rappresenta una delle cause predominanti di mortalità e disabilità a livello globale. La buona notizia è che si tratta di una condizione prevalentemente prevenibile e curabile, a patto di conoscerne i sintomi e i fattori di rischio.

I fattori di rischio per le donne

Le donne affrontano una serie di fattori di rischio specifici che le pongono in una situazione di vulnerabilità nei confronti delle trombosi. Secondo Roberto Pola, docente di medicina interna all’Università Cattolica di Roma e direttore della Uosd Percorso Tromboembolico di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs, l’uso di contraccettivi orali a base di estrogeni e progestinici aumenta significativamente il rischio, soprattutto se associato all’abitudine al fumo. Altri periodi della vita femminile, come la gravidanza e il puerperio, sono anch’essi associati a un incremento del rischio trombotico. Anche la menopausa rappresenta un momento critico, caratterizzato da una serie di alterazioni ormonali e coagulanti.

Queste condizioni possono essere aggravate da fattori come l’aumento di peso e la sedentarietà, elementi che contribuiscono ulteriormente a un’elevata concentrazione plasmatica di proteine coagulanti. È importante sottolineare inoltre la relazione tra alcune patologie oncologiche, in particolare i tumori femminili come il cancro dell’ovaio, e il rischio tromboembolico, con un incremento che può arrivare fino a quattro volte nei soggetti affetti.

Strategie per la prevenzione e i segnali d’allerta

Per ridurre il rischio di trombosi è fondamentale adottare stili di vita sani e attivi. Il professor Pola consiglia di mantenere un buon livello di attività fisica e di evitare la stasi venosa, fenomeno che si verifica quando si trascorre troppo tempo in posizione sedentaria. Il controllo del peso corporeo è essenziale, mentre l’uso di calze elastiche può essere raccomandato per le donne che presentano segni di insufficienza venosa cronica, come varici o teleangectasie.

È cruciale riconoscere i segnali d’allerta che possono suggerire la presenza di una trombosi. Sintomi come gonfiore, arrossamento o dolore a una gamba devono essere valutati tempestivamente attraverso un ecodoppler venoso. Durante la fase della menopausa, le alterazioni dell’equilibrio coagulativo possono richiedere un’attenzione particolare: è infatti comune che le donne più mature abbiano bisogno di un monitoraggio costante, soprattutto per quanto riguarda l’eventuale utilizzo di terapie ormonali sostitutive.

La gestione della trombosi nelle età della donna

Il tema della trombosi e della sua gestione negli stadi diversi della vita della donna sarà approfondito nel corso del III Gemelli Thrombosis Day , un convegno scientifico in programma per il 14 ottobre, per celebrare la Giornata Mondiale della TEV, che ricorre il 13 ottobre in onore di Rudolf Virchow, pioniere nello studio delle cause della trombosi.

Valerio De Stefano, ordinario di Ematologia all’Università Cattolica e presidente della Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e della Trombosi, sottolinea che, nonostante il rischio trombotico possa essere maggiore per le donne, le terapie anticoagulanti non presentano sostanziali differenze di genere. Tuttavia, per le donne in età fertile che necessitano di tale trattamento, può sorgere un problema legato agli effetti dei nuovi anticoagulanti orali diretti sul flusso mestruale, che possono risultare particolarmente impattanti.

Collaborazione specialistica nella gestione della trombosi

Secondo gli esperti, la gestione della trombosi e del periodo post-trombotico deve essere affidata a specialisti del settore. La situazione è complessa, poiché è necessario bilanciare il rischio di emorragie con quello di una recidiva trombotica. Recenti ipotesi dell’Aifa relative a possibili prescrizioni generalizzate sono state sospese, a fronte della richiesta condivisa da otto società scientifiche di mantenere la gestione del TEV nelle mani degli specialisti.

Presso la Fondazione Policlinico Gemelli è stata istituita una stretta collaborazione tra ematologi e internisti, al fine di garantire un approccio integrato e multidisciplinare nella cura delle malattie tromboemboliche. Questo modello assistenziale rappresenta un esempio virtuoso da seguire per migliorare la gestione e la prevenzione della TEV in tutta la popolazione.