L’opera “Lontano dalla vita degli altri“, redatta da Giovanna Canzi, offre un’affascinante testimonianza sulle esperienze vissute come insegnante in un carcere lombardo. Questo libro, pubblicato da MarinoNìBooks, ci trasporta in un contesto difficile e spesso dimenticato, dove l’istruzione diventa uno strumento di rinascita e di speranza. Attraverso il racconto autentico dell’autrice e le suggestive illustrazioni di Gabriella Giandelli, emerge un’immagine intensa e profonda di un mondo ai margini della società, dove chi vive è spesso lontano dalla vita degli altri.
Il carcere in cui Giovanna Canzi ha insegnato si trova in una location emblematicamente rappresentativa della sua funzione sociale: vicino a una discarica. Questo non è solo un dettaglio geografico, ma un simbolo potente che sottolinea l’emarginazione e il disagio. La Settima sezione, alla quale si rivolge, comprende detenuti considerati particolari, come i sex offender, e rappresenta un microcosmo di storie, di vite spezzate e in cerca di riscatto.
Nel testo, Canzi delinea un ambiente in cui la vita quotidiana è segnata da sguardi e silenzi, una situazione che le permette di osservare da vicino le personalità dei suoi studenti. L’autrice non si limita a fornire conoscenze, ma crea un’atmosfera di ascolto e riconoscimento, fondamentale in un contesto dove chi è recluso viene spesso ridotto a un’etichetta. La sua metodica d’insegnamento, fatta di empatia e rispetto, contribuisce a costruire un ponte tra la vita di chi sta fuori e quella di chi è costretto a vivere in uno spazio limitato e opprimente.
Uno degli aspetti più rilevanti del lavoro di Canzi è la sua capacità di insegnare senza esprimere giudizi. L’autrice decide di rinunciare a qualsiasi forma di pietismo o di morale preconfezionata. Le storie di vita hanno perso il peso del reato, lasciando spazio a una narrativa che esplora l’essere umano oltre il crimine. Viene messo in evidenza come, giudicare significa interrompere qualsiasi possibilità di dialogo e comprensione, elementi essenziali per un percorso educativo in carcere.
Canzi riesce a scattare “istantanee” dei suoi studenti, portando alla luce le loro fragilità e aspirazioni attraverso un linguaggio semplice, sincero e fresco. Le illustrazioni di Gabriella Giandelli, minimaliste e evocative, accompagnano il testo creando un’atmosfera di malinconia, ma al contempo di speranza. Questo binomio di parole e immagini rapisce il lettore, permettendo di addentrarsi in una realtà complessa dove le emozioni sono palpabili e la lotta per un futuro migliore è tangibile.
Giovanna Canzi non è solo un’insegnante; è un’operatrice attenta e dedita. Ha dedicato il suo tempo alla cura di progetti di reinserimento e ha sostenuto iniziative volte a stimolare la creatività e la voglia di esprimersi. Così come un giardiniere si prende cura delle sue piante, anche Canzi ha seminato un amore per la parola, rendendo l’istruzione un mezzo per costruire una vita diversa.
Quando il suo impegno giunge a termine, emerge un senso di nostalgia e di dolore. “Lo strappo è stato doloroso”, ammette. Tuttavia, tra le pagine del libro si percepisce un legame profondo, mai interrotto, con i suoi allievi. L’esperienza, pur essendo finita, ha lasciato un segno indelebile nella vita di chi l’ha vissuta e in quella di chi ha avuto la fortuna di incontrarla. Anche se il carcere rappresenta un luogo di limiti e divieti, l’incontro con l’educazione permette di esplorare nuovi orizzonti e possibilità, avvicinando la libertà a chi per troppo tempo ne è stato privato.