Le nuove linee guida sulla pressione alta: un cambiamento cruciale per la salute degli italiani

La recente pubblicazione delle linee guida sulla pressione alta da parte della Società Europea di Cardiologia rappresenta un cambiamento significativo nella gestione dell’ipertensione in Italia. Dopo un anno dall’uscita delle indicazioni della Società Europea dell’Ipertensione , le nuove direttive ampliano in modo considerevole la sanità pubblica, includendo milioni di cittadini a rischio. Questo nuovo approccio non solo cambia la classificazione dell’ipertensione, ma promette di migliorare la prevenzione e il trattamento delle malattie cardiovascolari nel Paese.

Una nuova categoria di rischio per la popolazione italiana

Attualmente, in Italia, circa 18 milioni di persone convivono con l’ipertensione, molte delle quali non riescono a controllare adeguatamente i loro valori pressori. Con l’introduzione delle nuove linee guida dell’ESC, la cifra prevista di cittadini da monitorare sale a una stima compresa tra 25 e 28 milioni. La novità consiste nell’introduzione di una categoria intermedia di rischio: le persone con pressione elevata, valori compresi tra 120 e 139 mmHg per la massima e tra 70 e 89 mmHg per la minima. Questo cambiamento mette in evidenza l’importanza di considerare il tratto continuo della pressione arteriosa e il rischio cardiaco associato, piuttosto che limitarsi a categorie rigide.

Con un dato significativo riportato dal “Progetto Cuore” dell’Istituto Superiore di Sanità, la pressione media degli italiani di età compresa tra 35 e 74 anni è di 132/77 mmHg, un valore rientrante sì nella nuova categoria di pressione elevata. Il segretario della Simi, Giovambattista Desideri, sottolinea come l’ipertensione rappresenti un parametro biologico che deve essere monitorato in modo continuo, evidenziando che il rischio di eventi cardiovascolari non diminuisce improvvisamente al di sotto della soglia dei 140/90 mmHg.

La classificazione e la gestione della pressione alta

In base alle nuove linee guida dell’ESC, vi sono tre gruppi distinti di pressione arteriosa, ognuno con approcci di trattamento differenti. Nel primo gruppo troviamo gli ipertesi, che presentano valori superiori a 140/90 mmHg e richiedono un intervento terapeutico immediato. Il secondo gruppo è composto dai normotesi, con valori inferiori a 120/70 mmHg, per i quali è fondamentale una sorveglianza continua senza necessità di trattamento. Infine, ci sono le persone con pressione elevata, la nuova categoria proposta, che merita attenzione poiché sono nel limbo tra le due precedenti.

Desideri afferma che per questo terzo gruppo è fondamentale valutare anche altri fattori di rischio cardiovascolare. Se queste persone presentano patologie come diabete o dislipidemie, potrebbe risultare necessario intraprendere un trattamento, nonostante i loro valori non rientrino tecnicamente nella classificazione degli ipertesi. Tale approccio olistico mira a garantire un processo decisionale più informato e personalizzato per ciascun paziente.

Le differenze tra ESC ed ESH: una visione più attenta

Mentre l’ESC si concentra sul termine “pressione elevata“, l’ESH preferisce la definizione di “pre-ipertensione” o “pressione normale-alta“, la quale suggerisce una categoria equivalente da considerare con attenzione. Questa differenza di terminologia, sebbene sottile, ha un impatto significativo sulla sensibilizzazione e sulla gestione della salute pubblica, sollecitando i medici a prestare maggiore riguardo ai pazienti che non sono ancora ufficialmente ipertesi.

Le nuove linee guida dell’ESC offrono un aumento di attenzione sui soggetti che presentano valori marginali, evidenziando così l’importanza di calcolare la loro valutazione del rischio cardiovascolare in modo più sistematico. La filosofia alla base di questo cambiamento prevede che una diagnosi precoce e un intervento tempestivo possano ridurre in modo sostanziale il rischio di complicanze future.

Obiettivi terapeutici e approcci personalizzati nella gestione

Secondo le linee guida, gli obiettivi di trattamento proposti dai cardiologi europei suggeriscono di puntare a valori pressori compresi tra 120 e 129 mmHg, con una tendenza verso il valore più basso per raggiungere il miglior risultato complessivo per la salute. Questo approccio è stato descritto come “più aggressivo“, ma non senza una necessaria cautela, soprattutto nel caso di pazienti anziani o con patologie associate. Il principio guida in questi casi sarà quello di mirare al valore “Alara” , ricercando il risultato più vantaggioso in base alle specifiche caratteristiche individuali del paziente.

In termini di trattamento farmacologico, sia l’ESC che l’ESH convergono nella raccomandazione di utilizzare associazioni pre-costituite di più principi attivi. Questo approccio mira a semplificare il regime terapeutico e ad aumentare l’aderenza da parte del paziente, riflettendo una tendenza crescente verso l’ottimizzazione della gestione dell’ipertensione.

Le nuove linee guida dell’ESC per la gestione dell’ipertensione offrono un panorama rinnovato e più inclusivo per il trattamento e la prevenzione di malattie cardiovascolari. Con un’applicazione attenta delle nuove classificazioni e linee guida, medici e pazienti possono lavorare insieme per affrontare meglio questa grave e diffusa condizione.

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