Nel 2024, la situazione lavorativa in Italia ha preso una piega allarmante con l’unità di crisi al ministero delle Imprese e del Made in Italy che registra un incremento significativo del numero di lavoratori coinvolti. Da gennaio, il numero è passato da 58.026 a 105.974, segnalando un drammatico aumento delle vertenze aperte e delle incertezze nel panorama industriale italiano.
Secondo la CGIL, l’evidente incremento delle crisi lavorative è sintomo di un’incapacità del Governo di orientare efficacemente le politiche industriali, essenziali per settori strategici del Paese. Pino Gesmundo, segretario dell’area delle politiche industriali della CGIL, non ha usato mezzi termini, sottolineando la distanza tra le dichiarazioni ufficiali e le necessità reali delle aziende e dei lavoratori. A suo avviso, le politiche industriali del Governo Meloni sono limitate a slogan senza una reale attenzione alla crisi che l’industria italiana sta attraversando.
Gesmundo ha messo in luce come, nell’ultimo trentennio, le decisioni industriali siano state guidate da interessi di multinazionali e fondi speculativi, che hanno acquisito aziende italiane a prezzi stracciati, beneficiando spesso di incentivi e agevolazioni statali. Questa tendenza ha portato a una progressiva disattenzione da parte della politica, che ha trascurato il sostegno necessario alle imprese nazionali, creando un ambiente di instabilità e precarietà per i lavoratori.
L’impoverimento del tessuto industriale nazionale, secondo la CGIL, ha portato a un’industria italiana sempre più debole e non all’altezza delle sfide globali, accentuate dalla complessa situazione geopolitica attuale. La mancanza di strategie concrete e la continua dipendenza dalle multinazionali hanno messo la comunità di lavoratori in una posizione vulnerabile. Oltre ai privati, anche le aziende partecipate dallo Stato hanno subito le conseguenze di questa fuga di capitali e di attenzione, evidenziando disavanzi preoccupanti nei settori produttivi.
La transizione ambientale e produttiva rappresenta un’altra sfida che il sistema industriale italiano sembra affrontare con ritardo. Senza strategie mirate e scelte imprenditoriali efficaci, saranno le lavoratrici e i lavoratori a pagare il prezzo di questa stagnazione. Con il rischio di un incremento della disoccupazione e della precarietà lavorativa, la mancanza di interventi proattivi si traduce in un futuro incerto per migliaia di famiglie italiane.
L’allerta lanciata dalla CGIL non è solo una mera critica al Governo, ma un appello a riconsiderare l’approccio alle politiche industriali nel nostro Paese. Il segretario confederale ha sottolineato che senza un contributo attivo delle istituzioni e un chiaro piano strategico, il futuro dell’industria italiana rimarrà compromesso. Con il settore già in difficoltà e l’aumento delle crisi lavorative, è fondamentale iniziare a costruire una visione a lungo termine e sostenibile, capace di affrontare le reali sfide odierne.
La strada da percorrere è lunga e complessa, ma la CGIL invita a un ripensamento complessivo, auspicando che si possa favorire una rinascita dell’industria italiana attraverso scelte politiche illuminate, che considerino il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori al centro delle decisioni. Un segnale forte di responsabilità e capacità di reazione, per restituire dignità e stabilità a un settore in crisi.