L’analisi demografica del Cnel: come il capitale umano influisce sul futuro del lavoro in Italia

Il rapporto del Cnel evidenzia squilibri demografici in Italia, con una crescente incidenza di anziani e una bassa partecipazione di giovani e donne nel mercato del lavoro, richiedendo politiche proattive per il futuro.
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Il 18 dicembre si è tenuta un’importante assemblea del Cnel, dove è stato presentato il documento ‘Demografia e forza lavoro‘, elaborato dal consigliere Alessandro Rosina. Il tema centrale riguarda l’emergere di squilibri demografici e le conseguenti implicazioni per il mercato del lavoro e lo sviluppo socio-economico del Paese. L’analisi dettagliata evidenzia l’importanza di valorizzare il capitale umano per garantire un futuro più solido e sostenibile, affinché il benessere collettivo non venga compromesso.

La situazione demografica in Italia: evidenze allarmanti

Il rapporto elaborato dal Cnel mette in luce tre principali evidenze riguardanti la condizione demografica attuale in Italia. La prima riguarda gli squilibri demografici che minano la crescita economica. La popolazione italiana è entrata in una fase di impoverimento del potenziale della forza lavoro, con una crescente incidenza di persone anziane che, per definizione, non partecipano attivamente al mercato del lavoro. L’indice di dipendenza degli anziani ha superato il 40%, ben 14 punti sopra la media europea, e secondo Eurostat potrebbe continuare a salire fino a oltre il 65%. I dati mettono in evidenza una tendenza preoccupante: mentre la componente senior aumenta a causa della longevità, il numero di individui in età lavorativa continua a diminuire.

La popolazione maschile nella fascia d’età compresa tra 35 e 49 anni ha subito una drastica riduzione: da oltre 7 milioni nel 2014, i numeri sono scesi a 5,7 milioni nel 2024, con questa tendenza destinata a persistere nei decenni futuri. Questa contrazione della forza lavoro, in particolare della fascia maschile, ha ripercussioni dirette sulla competitività del sistema economico italiano, esponendolo a un differenziale svantaggioso rispetto ai paesi rivali. L’ineguaglianza nella distribuzione della forza lavoro, dunque, rappresenta una vera e propria sfida per la sostenibilità della spesa pubblica e per la crescita del PIL.

La questione dell’occupazione giovanile e femminile

Un secondo aspetto cruciale evidenziato nel rapporto riguarda la bassa partecipazione di giovani e donne nel mercato del lavoro. La potenziale perdita di 10,5 milioni di occupati nella fascia 35-49 è un campanello d’allarme. La percentuale di occupazione femminile si attesta attualmente al 65%, la più bassa tra i paesi europei, offrendo margini ampi per un miglioramento significativo. Anche la presenza di giovani nel mercato del lavoro è paragonabile a una situazione critica. La riduzione del numero di residenti nella fascia d’età 25-34 anni si è tradotta in un abbassamento degli occupati da 6 milioni a circa 4,2 milioni nello stesso periodo.

In questa luce, il tasso di occupazione dei giovani mostra un trend preoccupante, scivolato dal 27% del 2004 al 20% nel 2023 per la fascia 15-24. Dall’altra parte, per i 25-34 anni, il tasso è passato dal 70% al 68%. Questa flessione nei numeri pone l’Italia in una posizione svantaggiata rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea. Con una presenza sempre minore di giovani e donne attivamente coinvolti nel mercato del lavoro, le conseguenze si riflettono nella dinamica sociale e, in particolar modo, nel sistema di welfare.

Possibili strategie per il futuro del mercato del lavoro

I dati forniti nel rapporto suggeriscono che ci sono margini di manovra per contrastare il declino demografico e riequilibrare l’offerta di lavoro. In primo luogo, l’analisi prevede scenari positivi se l’Italia dovesse attuare politiche pubbliche più incisive e favorevoli alla natalità e all’integrazione dei giovani nel mondo lavorativo. Si stima che un adeguato incremento dell’occupazione femminile e dei giovani potrebbe portare a un aumento di 1,3 milioni di occupati under 35 e a un numero costante di donne occupate nella fascia 35-54 anni.

Il rapporto sottolinea l’importanza di sviluppare politiche che incoraggino una maggiore inclusività nel mercato del lavoro, affinché le aziende possano adeguarsi a una nuova realtà demografica. Per esempio, supportando le diverse componenti della popolazione attiva, come le nuove generazioni e i migranti, le organizzazioni possono ampliare il loro bacino di talenti. Le imprese dovrebbero anche adattarsi alla disciplina di age management, favorendo opportunità per una vita lavorativa più lunga e produttiva.

L’analisi del Cnel rappresenta dunque un importante campanello d’allarme che invita a riflettere sulla direzione futura del lavoro in Italia, enfatizzando la necessità di una risposta proattiva per affrontare le sfide demografiche. Quanto prima verranno attuate misure adeguate, tanto maggiore sarà la possibilità di mantenere un equilibrio sostenibile nel panorama lavorativo e sociale del Paese.

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