Nel mondo dell’archeologia, pochi ritrovamenti hanno suscitato tanto dibattito quanto quello dei Bronzi di Riace. Le celebri statue, databili al V secolo a.C., sollevano interrogativi affascinanti riguardo alla loro origine e al contesto storico in cui furono create. Ultime scoperte scientifiche e testimonianze oculari hanno riportato alla ribalta la questione dell’effettiva provenienza dei due guerrieri in bronzo, con nuove indagini condotte nelle acque di Riace, in Calabria. Un approfondimento del mensile Archeo offre una nuova luce su questa vicenda, coinvolgendo esperti e testimoni per raccogliere diverse opinioni al riguardo.
Le indagini nelle acque di Riace
Negli ultimi tempi, la soprintendenza archeologica ha deciso di avviare nuove indagini sui fondali marini di Riace, dove nel 1972 furono rinvenuti i due famosi bronzi. Nonostante siano esposti al Museo Nazionale di Reggio Calabria, i dettagli sulla loro scoperta rimangono avvolti nel mistero. Gli storici hanno sempre ipotizzato che le statue siano state create in Grecia, probabilmente ad Argo, e che siano finite in mare dopo il naufragio di una nave diretta a Roma. Le ricerche condotte in passato avevano confermato che le terre utilizzate per la fusione dei bronzi avessero origine greca, ma un nuovo studio realizzato dall’Università di Catania, in collaborazione con l’ateneo di Ferrara, ha messo in discussione questa conclusione.
Il nuovo esame ha infatti suggerito che le terre di saldatura dei bronzi possano essere siciliane, specificamente provenienti dalla zona di Siracusa. Questa scoperta ha portato a una nuova teoria, sostenuta dall’archeologo Luigi Malnati, che suggerisce come le statue possano essere state assemblate in Sicilia prima di essere destinate a Siracusa, che in quel periodo era un importante centro culturale e commerciale.
Il racconto di Tito Livio e le testimonianze dei pescatori
Tornando indietro nel tempo, bisogna considerare anche il contesto storico che potrebbe aver influenzato il destino dei Bronzi di Riace. Tito Livio, storico romano, racconta che durante la seconda guerra punica, Siracusa si oppose a Roma e, nel 212 a.C., subì un assalto che portò alla sua conquista. È verosimile che in quel frangente le statue rappresentassero un bottino di guerra trafugato e imbarcato su una nave, la quale, come suppone Malnati, finì per naufragare al largo delle coste italiane.
La testimonianza dei fratelli Bertoni, provenienti da Brucoli, in Sicilia, aggiunge un ulteriore elemento di interesse alla questione. Essi sostengono che già nel 1971, un anno prima del ritrovamento ufficiale, cinque statue furono recuperate nelle acque di Brucoli da sub romani. Questa narrazione viene sostenuta anche da un altro testimone, il quale menziona un presunto coinvolgimento della mafia nel traffico delle statue, che avrebbe comportato la vendita di parte del ritrovamento mentre i due guerrieri venivano lasciati nel mare per depistare l’attenzione.
Un mistero senza fine: nuove ricerche in arrivo
Malnati segnala che, nonostante le molteplici ipotesi, mancano prove concrete che possano confermare queste storie affascinanti. Il mistero continua a permanere, rendendo i Bronzi di Riace uno degli enigmi più intriganti della storia dell’archeologia. Le nuove indagini e le scoperte future, specialmente nel contesto delle acque siciliane, potrebbero finalmente fornire risposte più precise riguardo alla loro origine e al loro viaggio nel tempo.
La scoperta di ulteriori elementi potrebbe colmare le lacune nelle informazioni attuali e portare a nuove interpretazioni sulla storia di queste statue iconiche. Con il continuo avanzare delle tecnologie e delle metodologie di ricerca, non è da escludere che la verità sui Bronzi di Riace possa emergere, svelando così i segreti di un passato che continua a suscitare curiosità e speculazioni.