L’esposizione “Il Cinquecento a Ferrara” attira l’attenzione degli appassionati d’arte e degli studiosi, presentando le opere di artisti di primo piano come Ludovico Mazzolino, Giovanni Battista Benvenuti, noto come Ortolano, Benvenuto Tisi, chiamato Garofalo, e Giovanni Luteri, conosciuto come Dosso. Fino al 16 febbraio, Palazzo Diamanti ospita questa rassegna d’arte che illustra il contesto culturale del primo Cinquecento ferrarese, ricevendo il riconoscimento come la migliore mostra d’arte dell’anno secondo “Finestre sull’Arte”.
Il contesto della mostra e i curatori
Questo evento è curato dai noti esperti Vittorio Sgarbi e Michele Danieli, sotto la direzione di Pietro Di Natale. Si inserisce all’interno di un progetto più ampio denominato “Rinascimento a Ferrara 1471-1598”, che intende esplorare con attenzione la storia artistica di Ferrara durante un periodo cruciale, dal passaggio di città a ducato fino all’arrivo del controllo dello Stato Pontificio. La mostra segue il capitolo precedente, “Rinascimento a Ferrara. Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa”, conclusosi lo scorso giugno, ampliando ulteriormente la comprensione di un’epoca che ha profondamente influenzato la cultura italiana.
Focalizzandosi sugli anni che vanno dal 1505, quando Alfonso I d’Este succede a Ercole I, fino alla sua morte nel 1534, la mostra mette in evidenza un’epoca di grande rinnovamento culturale. Alfonso, noto per le sue ambizioni artistiche, ha rivitalizzato non solo gli spazi della corte ma anche quelli pubblici della città di Ferrara. La transizione tra le generazioni artistiche ha posto Ferrara davanti alla necessità di vivere un rinnovamento forte e incisivo. L’ingaggio di Boccaccio Boccaccino nel 1496 testimoniava già l’intento di adottare uno stile più moderno, il quale si sviluppò nel primo decennio del Bollettino del Cinquecento attraverso nuove influenze e suggestioni.
Le nuove correnti artistiche di Ferrara
La mostra esplora la nascita di una nuova corrente artistica che non si limitava a espressioni locali ma si apriva al confronto con altre culture. I protagonisti, Mazzolino, Ortolano, Garofalo e Dosso, si inserirono in questo panorama fresco e stimolante. Le opere di Garofalo e Dosso sono ben conosciute, avendo avuto una visibilità crescente nel tempo, ma l’esposizione rappresenta una prima significativa occasione per Mazzolino e Ortolano, artisti le cui differenze stilistiche arricchiscono notevolmente la mostra.
Ludovico Mazzolino, originario di Ferrara, ha sviluppato uno stile anticlassico, ispirato da artisti come Martin Schongauer e Albrecht Dürer, ma sempre con un’interpretazione unica. Le sue opere, destinate a un pubblico di collezionisti privati, sono caratterizzate da affollamenti di figure dai tratti caricati, lontani dall’ideale di equilibrio proprio di Perugino e dei suoi seguaci. La vitalità e l’estro bizzarro delle sue creazioni lo pongono come un pittore eccentrico e originale nell’arte del Nord Italia.
Dalla sua, Giovanni Battista Benvenuti, detto Ortolano, rappresenta una finestra su un naturalismo sincero. Inizialmente influenzato dal dolce linguaggio di Boccaccino e Costa, il suo percorso artistico si evolve, cercando un dialogo con la tradizione veneziana di Giorgione, e culmina in una riscrittura delle novità proposte da Raffaello. Ortolano ha saputo creare opere d’arte di raffinata bellezza, delle quali emergono luci che isolano i soggetti e comunicano una calda emotività , rendendo i paesaggi una parte integrante della narrazione.
Garofalo e Dosso: i maestri del Rinascimento ferrarese
Benvenuto Tisi, conosciuto come Garofalo, si distingue come interprete dell’arte rafaellesca a Ferrara. La sua capacità di assimilare il linguaggio di Raffaello e di rielaborarlo in chiave locale lo ha reso un protagonista indiscusso. L’approccio di Garofalo è meticoloso e studioso, cercando di riflettere la profondità e la dolcezza delle forme. Le sue opere hanno avuto un’importante influenza sulla pittura ferrarese, dando vita a un linguaggio artistico che parla della realtà con una freschezza raramente vista.
Giovanni Luteri, detto Dosso, completa il quadro artistico con uno stile personale e un uso della luce tipicamente veneziano. La sua carriera si sviluppa tra le influenze di Tiziano e Giorgione, ma riesce a costruire un proprio linguaggio pittorico, colto e vivace. Seguito con attenzione da Alfonso I durante la sua permanenza alla corte, Dosso riesce a fondere le sue radici ferraresi con le suggestioni provenienti dall’esterno, creando opere che incontrano il favore della nobiltà e degli intellettuali del tempo.
Questo ricco panorama artistico si ritrova quindi centrato nella mostra “Il Cinquecento a Ferrara”, una manifestazione che valorizza un periodo d’oro per l’arte e la cultura di Ferrara, rendendola un luogo di confronto e di scambio creativo senza pari.