La migrazione interna in Africa: oltre 20 milioni di persone in cerca di sicurezza e dignità

Ogni anno, oltre 20 milioni di persone in Africa fuggono da conflitti e cambiamenti climatici. La Giornata Internazionale del Migrante mette in luce storie di resilienza come quelle di Teresa e Nema.
La migrazione interna in Africa: oltre 20 milioni di persone in cerca di sicurezza e dignità - Tendenzediviaggio.it - Foto generata con AI

Ogni anno, più di 20 milioni di individui sono costretti a lasciare le loro case all’interno del continente africano a causa di conflitti, instabilità e cambiamenti climatici. Secondo l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il fenomeno della migrazione interna è un tema cruciale, spesso sottovalutato nella narrativa globale. La Giornata Internazionale del Migrante, celebrata il 18 dicembre, serve da piattaforma per mettere in luce storie di sofferenza e resilienza, come quella di Teresa Ngongi, una madre sud sudanese. Guglielmo Micucci, direttore di Amref Italia, sottolinea l’importanza di dare voce a queste esperienze per promuovere una maggiore consapevolezza.

La testimonianza di Teresa Ngongi

La storia di Teresa Ngongi è rappresentativa del viaggio tormentato di molti rifugiati sudanesi. Teresa ha lasciato il Sud Sudan con i suoi bambini, in cerca di una vita migliore dopo aver affrontato un viaggio terribile e pericoloso. “Abbiamo camminato per una settimana intera, attraversando strade disseminate di corpi senza vita. Il rumore degli spari ci obbligava a nasconderci e a proteggere i nostri figli,” ha dichiarato. Le esperienze di Teresa mettono in evidenza la violenza persistente in Sud Sudan, uno dei paesi più provati da conflitti armati nel mondo.

Dal 2013, il Sud Sudan ha visto un’escalation di violenza etnica e crisi politiche che hanno provocato centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati. All’interno di una popolazione di circa 11 milioni, circa 2,2 milioni di persone sono migrati verso altre aree del paese e 2,3 milioni hanno cercato rifugio nei paesi limitrofi come l’Uganda. Quest’ultima nazione è diventata un faro di speranza, ospitando oltre 1,5 milioni di rifugiati e implementando politiche inclusive per accogliere i migranti in difficoltà.

L’Uganda come Paese di accoglienza

L’Uganda ha sviluppato due principi fondamentali nella sua politica di accoglienza dei rifugiati: la libertà di movimento e la possibilità di lavorare. Queste linee guida rendono l’Uganda un esempio luminoso nel panorama internazionale dei diritti umani. Secondo il World Migration Report 2024 dell’UNHCR, la maggior parte dei rifugiati in Uganda proviene proprio dal Sud Sudan, dopo aver affrontato viaggi pieni di sfide e privazioni. Nel contesto della Giornata Internazionale del Migrante, è essenziale mettere in risalto le storie di coloro che, come Teresa, cercano di ricostruire le loro vite in un paese estraneo.

La migrazione interna in Africa, che coinvolge 20 milioni di individui ogni anno, spesso non viene vista sotto la giusta luce. La crisi sud sudanese è solo uno dei tanti esempi di come le persone sono costrette a fuggire dalla loro terra, cercando riparo in luoghi che possono offrire loro sicurezza e opportunità. Tuttavia, molti migranti si trovano a vivere in campi rifugiati, dove la lotta per una vita dignitosa è quotidiana.

La resilienza di Nema Tabu e il progetto Scorep+

Una delle storie di resilienza che emerge da questa situazione è quella di Nema Tabu, una migrante sud sudanese che, dopo essere arrivata in Uganda nel 2016, ha intrapreso un ruolo attivo nella sua comunità. Nema è diventata volontaria sanitaria nel Rhino Camp, un’iniziativa che offre assistenza medica fondamentale a migliaia di persone. Con il supporto di Amref e il progetto Scorep+, Nema ha ricevuto formazione che le permette di offrire vaccini e assistenza prenatale, contribuendo così a ridurre il tasso di mortalità materna nella sua comunità.

“Quando siamo arrivati qui, ci hanno dato un pezzo di terra e alcune risorse per iniziare una nuova vita. Il supporto di Amref ci consente di garantire che le mamme possano partorire in sicurezza,” ha detto Nema, evidenziando come l’assistenza sanitaria accessibile possa trasformare le vite di molte famiglie. Il centro sanitario Ofua 6, dove Nema lavora, è un punto di riferimento annuale per oltre 20.000 persone, e negli ultimi trimestri ha curato migliaia di pazienti per malattie comuni.

Tuttavia, nonostante i progressi, ci sono ancora lacune significative, come la mancanza di una sala parto attrezzata, che richiederebbe investimenti e risorse supplementari. Il lavoro di Nema e di altri volontari è inestimabile nel creare reti di supporto per una popolazione vulnerabile.

L’importanza di dare visibilità alla migrazione interna

Il dramma della migrazione interna in Africa è spesso oscurato dai resoconti che si concentrano sulle traversate del Mediterraneo e sulle tragedie riportate dai media. Micucci sottolinea che “la maggior parte dei migranti rimane all’interno del continente africano, affrontando viaggi altrettanto disumani.” È fondamentale dare visibilità a storie come quelle di Teresa e Nema, come esempio di speranza e determinazione in un contesto di precarietà e sfide.

In Uganda, pur accogliendo un alto numero di migranti nei distretti di Terego e Madi-Okolo, il governo locale si trova a dover affrontare risorse limitate e infrastrutture insufficienti. Progetti come Scorep+ non solo forniscono servizi essenziali, ma creano anche modelli di solidarietà e cooperazione tra le comunità migranti e quelle ospitanti.

Le testimonianze raccolte in questa giornata ci ricordano che la migrazione è un fenomeno complesso, colmo di esperienze, sfide e speranze. Ogni storia di vita come quella di Teresa e Nema deve essere ascoltata e condivisa per alimentare un dibattito più completo e profondo su ciò che significa cercare una vita dignitosa in condizioni avverse. La questione della migrazione interna richiede un’attenzione costante e un impegno collettivo voler garantire a tutti la salute, il futuro e la dignità.

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