Il 14 ottobre doveva segnare l’inizio della caccia ai cervi in Abruzzo, ma recenti sviluppi legali hanno portato a una sospensione di tale attività fino al 7 novembre. La decisione, presa dal Consiglio di Stato, è frutto di un ricorso presentato da diverse associazioni animaliste, che contestavano la delibera della Regione Abruzzo. Questa delibera prevedeva l’abbattimento di 469 cervi in diversi ambiti territoriali di caccia, compresi Avezzano, Sulmona, L’Aquila e Barisciano. L’azione di protesta da parte delle organizzazioni è un riflesso delle preoccupazioni legate alla gestione della fauna selvatica e alle potenziali conseguenze ecologiche della caccia.
Le ragioni del ricorso: le associazioni animaliste in campo
Dopo una precedente sconfitta al Tar Abruzzo, le associazioni come Lav, Lndc Animal Protection e Wwf hanno deciso di rivolgersi al Consiglio di Stato. In una nota, le organizzazioni hanno sottolineato che la caccia non è una risposta valida per favorire una convivenza pacifica tra cittadini e animali selvatici. “Dobbiamo cercare metodi alternativi più rispettosi dell’ambiente”, affermano le associazioni, segnalando che le misure venatorie rispondono più agli interessi delle lobby piuttosto che a quelli della salute ambientale.
Queste organizzazioni hanno evidenziato che l’abbattimento di cervi adulti e cuccioli non solo influisce negativamente sulla popolazione di cervi, ma può anche avere ripercussioni a lungo termine sulla biodiversità locale. L’ecologia già fragile degli ecosistemi abruzzesi potrebbe subire danni significativi. La sospensione della caccia è quindi vista come un passo verso gestioni più scientifiche e ponderate della fauna selvatica, che coinvolgono metodi non letali nel controllo delle popolazioni animali.
Le preoccupazioni ecologiche: perché fermare la caccia è importante
Le organizzazioni ambientaliste non si limitano a sollevare interrogativi etici sulla caccia, ma avvertono anche riguardo ai potenziali squilibri ecologici che potrebbe generare. L’abbattimento selettivo di cervi potrebbe interrompere le dinamiche naturali di crescita e riproduzione della specie, portando a effetti rilevanti non solo per i cervi stessi, ma per l’intero ecosistema. Diverse parti d’Italia si sono già trovate a fronteggiare problemi simili, e le associazioni ribadiscono l’importanza di considerare gli animali selvatici come parte integrante del nostro patrimonio naturale.
Sospendere la caccia, secondo le associazioni, non deve essere vista solo come una vittoria per il benessere animale, ma piuttosto come un’opportunità per ripensare strategie di gestione della fauna selvatica basate su studi scientifici e considerazioni ecologiche. Coinvolgere esperti nella pianificazione di misure preventive piuttosto che letali potrebbe garantire una coesistenza più sana tra uomini e animali.
La posizione della Regione Abruzzo e la necessità di rivedere le politiche venatorie
Oltre ai ricorsi legali, le associazioni critiche hanno evidenziato l’incapacità della Regione Abruzzo di gestire adeguatamente il processo di autorizzazione per la caccia. Il Presidente della Regione, Marco Marsilio, si trova ora in una posizione difficile, dovendo assolvere agli obblighi di gestione della fauna selvatica mentre affronta una crescente pressione pubblica e istituzionale.
Dal canto loro, le associazioni richiedono un ripensamento delle politiche venatorie in vista di una gestione più sostenibile e rispettosa della biodiversità. Questa situazione mette in luce la necessità di un dialogo aperto e costruttivo tra le parti coinvolte, inclusi agricoltori, esperti di fauna selvatica e ambientalisti. L’idea è di lavorare verso pratiche che privilegino la prevenzione e la cooperazione piuttosto che la morte degli animali.
Appello di Enpa e l’importanza della prevenzione
Un ulteriore appello è stato lanciato anche dall’Ente Nazionale Protezione Animali . Il rappresentante dell’ufficio Fauna Selvatica, Andrea Brutti, ha sottolineato l’importanza di affrontare il problema attraverso misure preventive anziché colpi di fucile. “Invece di cedere a una strage, è fondamentale affrontare la questione con un approccio scientifico”, ha affermato, sostenendo che l’inverno funge da selettore naturale.
La richiesta di un passo indietro da parte della Regione è condivisa da oltre 135mila italiani che hanno firmato petizioni contro gli abbattimenti. Brutti ha ripetuto che è necessario sedersi attorno a un tavolo per discutere soluzioni che possano godere del consenso pubblico e tutelare gli interessi di tutti, compresi gli agricoltori, senza compromettere il capitale faunistico dell’Abruzzo, che è ricco e variegato.
La situazione in Abruzzo è ora un faro per altre regioni italiane, mettendo in evidenza la necessità di una gestione sensibile e responsabile della fauna selvatica, in equilibrio con gli interessi degli esseri umani e dell’ambiente.