Nella comunità del tennis, Jenson Brooksby sta guadagnando sempre più attenzione non solo per le sue abilità sul campo, ma anche per il suo coraggio nel condividere la propria esperienza di vita con l’autismo. Dopo un lungo periodo di assenza, il giovane talento statunitense si prepara a tornare a competere, segnando un nuovo inizio per la sua carriera. Con la sua storia, Brooksby non si limita a ispirare gli appassionati di tennis, ma porta alla luce anche importanti temi di inclusione e comprensione riguardo alle persone con disturbi dello spettro autistico.
Un rientro atteso dopo un lungo stop
Dopo due anni pieni di sfide, Jenson Brooksby è determinato a ripartire e a lasciare alle spalle le vicende che l’hanno tenuto lontano dal campo. Gli infortuni alla spalla, un’operazione al polso e una lunga squalifica per non essersi presentato a test antidoping hanno influito gravemente sulla sua carriera. Con una classifica che lo ha visto salire fino alla 33a posizione in passato, oggi si prefigge di tornare in forma e di partecipare al torneo di Canberra a gennaio 2024. Brooksby ha definito gli ultimi due anni “frustranti”, evidenziando quanto fosse facile scivolare nella depressione durante quel lungo periodo di inattività. Tra le difficoltà, la squalifica di 18 mesi, che è stata successivamente ridotta grazie a un ricorso, ha rappresentato un duro colpo per lui, portando a una nuova prospettiva su come affrontare le sfide.
La sua determinazione è palpabile. Brooksby desidera riconquistare il rispetto e mostrare al mondo non solo il suo talento tennistico, ma anche la sua resilienza. Per lui, è fondamentale che i fan e gli appassionati di tennis lo conoscano per la persona che è, e non solo come un atleta. La sua volontà di aprirsi sulla sua condizione e sulle difficoltà affrontate, rappresenta un atto significativo di coraggio, un modo per abbattere le barriere e per sensibilizzare su temi di inclusione.
L’importanza di parlare di autismo
Jenson Brooksby ha scelto di non tenere per sé il suo percorso con l’autismo, ma di condividere la propria storia per contribuire a una maggiore consapevolezza. Ha rivelato di non avere parlato fino all’età di quattro anni, un ritardo che ha comportato sfide significative nella sua vita. Oggi, è consapevole che il disturbo non è solo legato a difficoltà comunicative, ma rappresenta una complessità più ampia, che coinvolge vari aspetti della quotidianità. La diagnosi dell’autismo, un’area del benessere psicologico molto discussa ultimamente, avviene attraverso l’osservazione di comportamenti specifici e non attraverso esami del sangue.
Brooksby ha condiviso come, da bambino, abbia dovuto partecipare a sessioni intensive con psicologi per sviluppare le sue capacità comunicative e sociali. Questo approccio precoce ha avuto un ruolo fondamentale nel suo stadio di sviluppo, e sebbene abbia ancora delle difficoltà da affrontare, oggi si definisce all’interno della parte “leggera” dello spettro autistico. Con l’aiuto di professionisti competenti, ha trovato la sua voce e si sente ora pronto a dialogare con gli altri su questa tematica, consentendo maggiore comprensione nei confronti delle persone con autismo.
Il tennis come sfida e opportunità
La carriera tennistica di Brooksby è caratterizzata da costanti sfide, non solo fisiche ma anche emotive. Egli considera l’autismo sia come un punto di forza che come una difficoltà. Nelle situazioni di pressione, sostiene di riuscire a concentrarsi su dettagli specifici, un’abilità che potrebbe rivelarsi vantaggiosa in un contesto competitivo come quello del tennis. Tuttavia, l’intensa pressione della competizione comporta anche rischi. Spesso, Brooksby può vivere scoppi di rabbia in situazioni sfortunate durante una partita, il che lo porta a dover gestire le sue emozioni in maniera molto attenta.
Il suo preparatore atletico, Paul Kinney, gioca un ruolo cruciale nel riconoscere i segnali di stress e disagio. Kinney osserva a fondo comportamenti che potrebbero indicare una crisi, come il toccarsi ripetutamente i capelli o sporgersi in avanti. La loro collaborazione evidenzia l’importanza del supporto e della comunicazione costante, fattori cruciali per garantire che Brooksby possa esprimere al meglio il suo potenziale, sia come atleta che come individuo.
La testimonianza e il percorso di Jenson Brooksby rappresentano un momento significativo non solo per il mondo del tennis, ma anche per chi vive con l’autismo. La sua umanità e il suo desiderio di essere compreso, stimolano un dialogo essenziale su temi di inclusione e resilienza, dimostrando che le sfide possono diventare opportunità per crescere e migliorare.