La malattia di Indi, conosciuta come aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica, è al centro di una controversia legale tra Italia e Regno Unito. Si tratta di una malattia mitocondriale estremamente rara, per la quale al momento non esiste una cura e la speranza di vita è limitata, anche con una terapia di supporto. Il genetista Giuseppe Novelli dell’Università di Roma Tor Vergata ha spiegato che questa malattia colpisce i mitocondri, le centraline energetiche delle cellule, ed è causata da una mutazione del gene chiamato SLC25A1, che la bambina ha ereditato da entrambi i genitori.
Il gene SLC25A1 è responsabile del trasporto del citrato, una sostanza fondamentale per la produzione di adenosina trifosfato (ATP), il composto chimico che fornisce energia alle cellule. Quando il gene non funziona correttamente, le cellule non ricevono l’energia necessaria per funzionare correttamente.
Questa forma rara di aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica è stata scoperta solo nel 2013 ed è caratterizzata da una grave encefalopatia con epilessia, di cui sono stati segnalati pochissimi casi. La malattia è progressiva e può manifestarsi fin dalla nascita con crisi epilettiche, insufficienza respiratoria, ritardo dello sviluppo e malformazioni, come l’assenza del corpo calloso che collega i due emisferi del cervello o la mancanza del nervo ottico. Nei casi più lievi, si può manifestare con debolezza muscolare, soprattutto agli arti.
Al momento, la malattia di Indi è considerata fatale, ma in futuro potrebbe essere possibile trovare una soluzione attraverso la terapia genica. Attualmente, sono in corso i primi test su una malattia simile, ma si tratta ancora di una fase sperimentale e la strada da percorrere è ancora lunga.