Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si recherà questa mattina nei luoghi del disastro del Vajont, sia sul versante veneto che su quello friulano, per commemorare la tragedia che ha causato la morte di duemila persone.
La notte del 3 Ottobre 1963, gli abitanti di Longarone e della valle del Piave ebbero solo quattro minuti per cercare di mettersi in salvo prima che l’onda generata dalla frana del Toc nell’invaso del Vajont superasse la diga, distruggendo il paese. I paesi di Erto, Casso e Castelavazzo sono rimasti abbandonati, con le case chiuse e le finestre sbarrate. Longarone è stata ricostruita utilizzando il cemento armato. Oggi, i sopravvissuti sono rimasti solo in poche decine.
Italo Filippin, 79 anni, ex sindaco di Erto e Casso (Pordenone), è uno dei pochi sopravvissuti che può raccontare l’orrore di quella notte. “Per noi fu come la fine del mondo. È impossibile descrivere un evento del genere. Solo chi c’era può davvero capire”, afferma Filippin. Solo all’alba, i sopravvissuti si resero conto di cosa fosse accaduto. Il bilancio ufficiale della tragedia fu di 1.910 persone morte, tra cui 487 erano bambini di età inferiore ai 15 anni.
La Diga del Vajont, gestita dal Parco naturale delle Dolomiti friulane, è diventata un luogo di memoria che attira ogni anno quasi 100mila visitatori. Italo Filippin è diventato una sorta di “informatore della memoria” per coloro che vogliono conoscere la storia di quella tragedia.
Dopo la tragedia, Longarone è stata completamente ricostruita utilizzando il cemento armato. Oggi, il paese è un simbolo di resilienza e di speranza per la comunità che ha dovuto affrontare una tale catastrofe.
La visita del presidente Mattarella ai luoghi del disastro del Vajont è un segno di rispetto e di commemorazione per le vittime di quella tragedia. È un momento per riflettere sulla fragilità dell’uomo di fronte alla forza della natura e per onorare la memoria di coloro che hanno perso la vita in quel terribile evento.
This website uses cookies.