La decisione del Governo di non rifinanziare il fondo triennale per il professionismo nello sport femminile ha lasciato un segno profondo all’interno di un settore che stava tentando di affermarsi con forza nel panorama sportivo italiano. Questo fondo, instituito nel 2020 con il decreto Nannicini, aveva rappresentato un importante sostegno per la crescita delle federazioni sportive e il loro passaggio al professionismo. La notizia ha generato preoccupazioni non solo tra atlete e dirigenti, ma anche tra i tifosi e gli appassionati di sport. La lotta per la parità di genere in questo ambito rischia di subire un importante rallentamento.
Il fondo triennale per il professionismo femminile era stato introdotto per sostenere le federazioni sportive italiane nel processo di transizione verso una maggiore professionalità e organizzazione. Creato tramite il decreto Nannicini durante il governo Conte II, il fondo mirava a favorire investimenti strutturali, migliorare le infrastrutture e garantire il supporto economico necessario per incentivare la partecipazione delle donne nello sport. Solo la FIGC aveva preso parte a questo passaggio, aprendo la strada al professionismo nella Serie A Femminile. Questo impegno, però, non basta se non è supportato da un adeguato rifinanziamento e da strategie a lungo termine.
La bocciatura del rifinanziamento ha colpito direttamente gli sforzi per ridurre il divario tra sport maschile e femminile in Italia. Fonti vicine al movimento sportivo femminile sottolineano che, senza fondi adeguati, sarà difficile realizzare progetti ambiziosi e garantire una crescita sostenibile. Il rifinanziamento era visto come una manovra cruciale per la sostenibilità economica e la crescita del movimento, oltre ad essere una dimostrazione di sostegno alle atlete e a tutti coloro che lavorano nel settore.
Le reazioni al diniego del rifinanziamento sono arrivate da esponenti politici e sportivi di primo piano. L’onorevole Chiara Gribaudo del PD ha evidenziato come sia deludente vedere una mancanza di sostegno concreto in un momento storico in cui il movimento sportivo femminile stava crescendo. La Gribaudo ha dichiarato quanto fosse indicativa la scelta di non investire ulteriormente, nonostante gli sforzi e le richieste provenienti da tutto il settore. La sua osservazione che l’attuale governo, guidato da una donna, non abbia trovato le risorse per proseguire il lavoro iniziato precedentemente, è un chiaro segnale dello smarrimento e della frustrazione che attraversa il movimento.
Anche Carolina Morace, protagonista iconica del calcio italiano e rappresentante del Movimento 5 Stelle, ha sottolineato l’assenza di una visione a lungo termine: “Non basta fornire un fondo, bisogna poi concretizzare iniziative che rendano il calcio femminile sostenibile”. Senza strategie concrete per attrarre sponsor, diritti televisivi e pubblico, il rischio è che il calcio femminile italiano perda terreno rispetto alle realtà europee già avanzate.
In una recente conferenza a Atreju 2024, il Ministro per lo Sport e per i Giovani, Andrea Abodi, ha assunto un impegno sulle problematiche riguardanti le giovani atlete e le infrastrutture. Tuttavia, le parole di Abodi devono tradursi in azioni tangibili. La sua affermazione che il governo “farà la sua parte” è stata accolta con scetticismo da chi vive quotidianamente le difficoltà del settore. La mancanza di rappresentanza femminile nei organi decisionali ha sollevato interrogativi sulla vera volontà di portare avanti un cambiamento significativo.
Ora la sfida principale per il movimento femminile è quella di trovare nuove strade per ripartire, nonostante la bocciatura del fondo. Le atlete e i dirigenti sono chiamati a trovare alternative creative per finanziare le loro attività, puntando su iniziative locali e sul coinvolgimento delle comunità. Non resta che lavorare sodo per ottenere riconoscimenti e risorse, continuando così a lottare per quella parità che ancora oggi sembra un traguardo lontano, ma non impossibile, a patto che ci sia una vera determinazione nel perseguire il cambiamento.