In un’epoca in cui la sostenibilità e l’ecologia assumono un ruolo centrale, i Criteri Ambientali Minimi rappresentano uno strumento chiave per migliorare l’impatto ambientale della ristorazione collettiva in Italia. Questi criteri, inseriti nell’ambito del Green Public Procurement , sono stati introdotti per garantire che la domanda pubblica si orienti verso servizi e beni a basso impatto ambientale. Con particolare attenzione sui CAM della ristorazione, che sono diventati operativi nell’agosto 2020, il settore si trova ad affrontare non solo opportunità, ma anche significative criticità, come evidenziato durante il Secondo Summit della Ristorazione Collettiva al Cirfood District di Reggio Emilia.
I criteri ambientali minimi e il loro significato
I Criteri Ambientali Minimi, promossi dall’Unione Europea, mirano a rendere più sostenibili gli acquisti pubblici nel settore della ristorazione, creando condizioni che favoriscano l’uso di materie prime ecologiche e pratiche produttive responsabili. In Italia, questi criteri sono stati formalizzati attraverso decreti ministeriali, che hanno stabilito una serie di requisiti per vari tipi di servizi di ristorazione, inclusi quelli scolastici, aziendali e sociosanitari.
I CAM sono suddivisi in due categorie principali: clausole contrattuali e criteri premianti. Le clausole contrattuali sono requisiti fondamentali che devono essere rispettati per partecipare alle gare, e disciplinano aspetti significativi come l’uso di materie prime biologiche e ittiche e le modalità per ridurre gli sprechi alimentari. I criteri premianti, d’altra parte, influenzano l’assegnazione degli appalti, premiando le offerte che si distinguono per la qualità dei loro progetti, a fronte di un’analisi che considera sia il prezzo che il valore qualitativo dell’offerta.
Le sfide delle definizioni variabili e le criticità interpretative
Nonostante le buone intenzioni alla base dei CAM, la loro applicazione pratica ha portato a una serie di complicazioni. Anna Flisi, Quality, Health & Safety and Environment Manager di Cirfood, ha sottolineato che le definizioni di “chilometro zero” e “filiera corta” sono state oggetto di diverse interpretazioni. Inizialmente stabilite in modo univoco, queste definizioni sono state successivamente adattate nei vari disciplinari di gara, generando confusione e incertezze.
In particolare, l’introduzione della legge 61 del 2022 ha ulteriormente complicato il quadro, ridefinendo i termini senza abrogare i CAM esistenti. Ciò ha creato un caos normativo che ha messo in difficoltà le imprese di ristorazione, le quali si trovano a dover adattare le loro offerte in base alle interpretazioni variabili delle gare pubbliche. Le commissioni giudicatrici, a loro volta, devono misurare le offerte in questo contesto ambiguo.
L’impatto sui produttori e le piccole imprese
La variabilità delle interpretazioni non nuoce solo agli operatori della ristorazione, ma ha ripercussioni significative su tutti i componenti della filiera. Cirfood, ad esempio, partecipa a circa 400 gare d’appalto all’anno, il che richiede un’attenta analisi di come i CAM vengano interpretati in ogni specifico caso. La necessità di produrre documentazione e certificazioni per l’adeguamento ai criteri ambientali ha aumentato il carico burocratico, creando difficoltà specialmente per le piccole imprese e i produttori locali.
Questa situazione ha il potenziale di compromettere seriamente la qualità del servizio offerto. Se le aziende non sono in grado di soddisfare le percentuali minime stabilite di prodotti biologici, chilometro zero o della filiera corta, si trovano di fronte a un dilemma: non presentare l’offerta e rischiare di non aggiudicarsi l’appalto, oppure fare concessioni durante la fornitura, compromettendo i criteri di sostenibilità che si volevano promuovere.
Sostenibilità e qualità del servizio: le priorità del settore
Le problematiche derivanti dall’interpretazione dei CAM non favoriscono alcuno degli attori coinvolti nella filiera della ristorazione. L’esigenza di garantire la qualità del servizio si scontra con la sostenibilità economica, rappresentando una sfida continua per le aziende di ristorazione come Cirfood e per i loro fornitori. La ricerca di prodotti che rispondano ai criteri ambientali e la continua necessità di modificare le offerte rendono difficile per le imprese mantenere standard elevati di servizio.
Le ripercussioni di questo scenario non colpiscono solo le aziende più grandi, ma si estendono a tutti i settori del comparto della ristorazione, creando un clima di incertezza che ostacola lo sviluppo e l’adozione di pratiche sostenibili. Se non si affrontano e risolvono le incertezze normative, la possibilità di attuare un miglioramento della ristorazione collettiva in termini di sostenibilità rimane limitata.