La nuova tendenza degli extreme day trips impazza su TikTok: viaggi lampo in città europee in giornata. Ma dietro il fascino della spontaneità si nasconde un impatto ambientale e culturale preoccupante.
Un nuovo trend virale nato su TikTok sta ridefinendo l’idea di viaggio: si tratta degli extreme day trips, brevi fughe all’estero in cui si parte all’alba, si visita una città europea e si rientra la sera. Un’idea affascinante e istantanea, che seduce i giovani viaggiatori in cerca di emozioni concentrate e contenuti da condividere. A raccontarlo sono travel blogger e utenti che mostrano le loro colazioni a Parigi, passeggiate nei musei, salite sulla Torre Eiffel, tutto in una manciata di ore. Video spettacolari, ritmi frenetici e un’illusione di libertà che però nasconde risvolti meno poetici.
Nel mondo digitalizzato dove la gratificazione è istantanea, l’idea di vedere più città in meno tempo diventa quasi una sfida. Secondo la travel blogger Monica Stott, “molti dei ricordi più belli di una vacanza si concentrano nei primi momenti”. Gli extreme day trips sfruttano proprio questo effetto sorpresa, questa intensità emotiva condensata. Si vola la mattina, si vivono dodici ore di esperienze, si torna la sera. È un’esperienza travolgente, sì, ma anche usa e getta.
Il lato oscuro del turismo rapido: impatto ambientale e perdita di senso
Dietro la leggerezza di questo trend si cela un problema serio: l’impatto ambientale. L’aereo è uno dei mezzi più inquinanti: produce circa il 2,4% delle emissioni globali di gas serra. Anche i voli brevi contribuiscono in maniera significativa al riscaldamento globale, amplificato da ossidi di azoto e vapore acqueo rilasciati ad alta quota. Ogni viaggio fugace, quindi, ha un peso reale e duraturo sul pianeta.
Ma c’è di più. Questo tipo di turismo tende a svuotare di significato i luoghi visitati, riducendoli a scenografie da fotografare. La velocità dell’esperienza cancella la possibilità di un incontro autentico con la cultura, con le persone, con l’atmosfera. Si entra e si esce da una città senza conoscerla, lasciando dietro di sé solo impronte digitali e CO₂. Il turismo diventa consumo veloce, dove l’unico scopo è collezionare contenuti, non ricordi profondi.
Le città coinvolte spesso subiscono questa pressione invisibile: i flussi mordi e fuggi generano sovraffollamento, ma portano pochi benefici economici reali. Le comunità locali faticano a trarre valore da turisti che arrivano e ripartono in meno di un giorno, senza mangiare nei ristoranti tradizionali, dormire negli hotel o partecipare alla vita reale della città.
Destinazioni preferite e sostenibilità sacrificata
Le mete predilette per un extreme day trip sono le capitali europee più vicine e facilmente raggiungibili in aereo, come Parigi, Lisbona, Bruxelles, Roma o Reykjavik. Compagnie low-cost, voli a prezzi stracciati e la voglia di evadere anche solo per una manciata di ore alimentano questa pratica. Alcuni, come il giovane Luka Chijiutomi-Ghosh, hanno persino sperimentato l’idea di dormire di giorno e vivere di notte in una città straniera per risparmiare e sfruttare ogni secondo.
Eppure, mentre l’appeal visivo e social è alto, si rischia di normalizzare un comportamento insostenibile, reso possibile solo da un mercato low-cost che ignora le ripercussioni a lungo termine. La leggerezza con cui si organizzano queste “fughe” contrasta con la gravità del danno ambientale e culturale. È una scelta personale, certo, ma oggi più che mai ogni scelta turistica è anche una presa di posizione etica.
Riscoprire il valore della lentezza, dell’immersione culturale e della relazione con i luoghi potrebbe essere la risposta a una tendenza che, per quanto affascinante, rischia di trasformare il viaggio in una corsa contro il tempo. Forse è arrivato il momento di chiederci: un’esperienza vissuta di fretta è davvero un’esperienza vissuta?