Nella città di Palermo, la triste vicenda di Maria Ruggia, 76enne deceduta dopo un ricovero al pronto soccorso dell’ospedale Ingrassia, ha portato alla luce gravi questioni riguardanti le responsabilità sanitarie. La figlia di Maria, Romina Gelardi, ha presentato una denuncia per far luce sulla situazione che ha portato alla morte della madre, sollevando interrogativi inquietanti sulle cure ricevute durante il suo ricovero, iniziato il 10 dicembre e terminato tragicamente il 20 dicembre.
Il calvario al pronto soccorso
Maria Ruggia è rimasta in barella al pronto soccorso per ben sette giorni, senza ricevere il trattamento adeguato per le sue condizioni cliniche critiche. Romina ha dichiarato che sua madre, già affetta da cardiopatia ischemica, carcinoma mammario e diabete mellito di tipo II, è arrivata in ospedale con sintomi di prolungata inappetenza e nausea persistente. Le sue patologie preesistenti la rendevano una paziente fragile e vulnerabile, meritevole di attenzioni specifiche e cure tempestive. Tuttavia, la mancanza di un approccio immediato ha suscitato preoccupazione e rabbia nella figlia.
Secondo quanto riportato, la condizione di Maria non è stata adeguatamente monitorata e curata. La figlia dell’anziana ha riferito che la mamma è stata sottoposta a un ambiente ospedaliero inadeguato, alimentando il rischio di infezioni. Nonostante i milioni di euro investiti nella sanità pubblica, ci si chiede quanto sia veramente garantito il diritto alla salute in situazioni di emergenza.
La denuncia e l’intervento della polizia
A seguito del decesso di Maria, Romina Gelardi ha deciso di presentare una denuncia alla procura, richiedendo un’indagine approfondita per accertare eventuali responsabilità mediche. Ha assunto come legale rappresentante l’avvocato Andrea Dell’Aira, professionista noto per la sua dedizione alla difesa dei diritti dei pazienti e delle loro famiglie.
Nel contesto della denuncia, la polizia è intervenuta sequestrando le cartelle cliniche della paziente, così come il corpo per consentire un’autopsia all’istituto di medicina legale. Questo intervento mira a chiarire le cause della morte e se esistano collegamenti diretti tra la gestione del caso e il decesso improvviso della donna.
Segni evidenti di sepsi ignorati
Romina Gelardi ha evidenziato la preoccupante negligenza da parte del personale medico nel non considerare segni chiari di una sepsi in corso, un’infezione potenzialmente letale. L’assenza di stimolo ad urinare, presente sin dai primi giorni di ricovero, è stata una spia evidente di deterioramento della salute della paziente, che non è stata affrontata con la dovuta urgenza.
La figlia ha sottolineato che le condizioni cliniche di sua madre avrebbero richiesto una terapia antibiotica preventiva, rilevando come la mancanza di trattamento possa aver esposto Maria a un ambiente sanitario nocivo. La questione pone interrogativi sulle procedure interne all’ospedale Ingrassia e sulla qualità della formazione del personale medico e paramedico, che deve saper affrontare situazioni di emergenza con la massima serietà e attenzione.
La tragica fine di Maria Ruggia ha aperto un dibattito sulla vulnerabilità dei pazienti anziani nelle strutture ospedaliere, esponendo questioni delicate che meritano un’analisi dettagliata e una risposta adeguata da parte delle istituzioni sanitarie.