Il cinema italiano sta attraversando un periodo complesso, con la necessità di produrre contenuti, soprattutto con l’avvento delle piattaforme digitali. In questo contesto, si sta diffondendo la tendenza a “fare lavorare le donne”, una moda che può essere considerata ghettizzante e offensiva, ma che può anche essere sfruttata per essere sovversive in questo sistema. Questo è quanto afferma Valeria Golino durante gli incontri promossi dalla Fondazione Cinema per Roma e Anica, in collaborazione con Cinecittà Spa e Siae.
Secondo Kasia Smutniak, attrice e regista, il cambiamento è iniziato con l’arrivo del movimento femminista dall’America, che ha portato le piattaforme a cercare registe e professioniste donne. Anche nelle serie televisive, sempre più spesso si cerca la partecipazione di una cineasta, anche se il punto di vista maschile sulla forza femminile rimane centrale. Nonostante questo progresso, c’è ancora molto da fare.
Jasmine Trinca concorda sul fatto che spesso si fa “pink washing”, ma ritiene che si possano ottenere risultati anche attraverso forzature. È importante cogliere tutto il bene che viene da questo movimento. Paola Cortellesi, attrice e regista, sostiene che ciò che conta sono le cose ben fatte e che è fondamentale sostenerle e farle viaggiare.
Valeria Bruni Tedeschi, attrice e regista, non si considera una donna che fa dei film, ma una persona che cerca di fare qualcosa di vero. Non aveva capito che l’incontro sarebbe stato centrato solo sulle donne, altrimenti non sarebbe venuta.
Ginevra Elkann, produttrice cinematografica, riflette sul fatto che le donne nel cinema sono ancora una minoranza e che questo rappresenta un problema. Le quote hanno permesso di ottenere finanziamenti per molti progetti.
In conclusione, il cinema italiano sta vivendo un momento di cambiamento, con una maggiore attenzione al ruolo delle donne. Nonostante i progressi, c’è ancora molto da fare per garantire una maggiore parità di genere nel settore.
This website uses cookies.