Donne con istruzione superiore in aumento, ma persiste il divario di genere nel mercato del lavoro secondo l’Istat

Controllo green pass agli studenti all’ingresso del Politecnico per il ritorno delle lezioni in presenza, Torino, 27 settembre 2021. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Le donne sono più istruite degli uomini, ma i divari di genere nell’occupazione stanno peggiorando, secondo un report dell’Istat. Il 35,5% delle donne tra i 25 e i 34 anni ha una laurea, rispetto al 23,1% degli uomini. Tuttavia, questo vantaggio nell’istruzione non si traduce in un vantaggio lavorativo, poiché il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile (57,3% contro 78,0%), e nel 2022 il divario di genere si è ampliato. Questi divari nell’occupazione si riducono man mano che aumenta il livello di istruzione.

Nel 2022, il tasso di occupazione tra i giovani con un titolo conseguito da almeno un anno e non oltre tre è aumentato: il 56,5% tra i diplomati e il 74,6% tra i laureati (+6,6 e +7,1 punti rispetto al 2021). Per i laureati, il valore supera di quattro punti quello raggiunto prima della crisi del 2008. Tuttavia, le opportunità occupazionali in Italia rimangono inferiori alla media europea, anche per i laureati: il tasso di occupazione nell’UE27 (87,4%) è superiore a quello italiano di quattro punti, una differenza che si riscontra anche per i titoli di studio medio-bassi.

Il rapporto dell’Istat sottolinea l’importanza del diploma come livello di formazione minimo per una partecipazione al mercato del lavoro con potenziale di crescita professionale, ma afferma che il vantaggio della laurea sul diploma sta diminuendo. Nel 2022, il tasso di occupazione tra i laureati raggiunge l’83,4%, superiore di 11 punti a quello dei diplomati (72,3%) e di 30 punti a quello di chi ha un titolo secondario inferiore (53,3%); il tasso di disoccupazione, che è del 3,9%, è inferiore rispettivamente di 2,6 e 7,0 punti.

L’Istat segnala che se i genitori hanno un basso livello di istruzione, un giovane su quattro abbandona precocemente gli studi, mentre solo uno su dieci raggiunge il titolo terziario. Al contrario, con almeno un genitore laureato, la percentuale scende rispettivamente a meno del tre su cento e a circa sette su dieci. L’Istat sottolinea inoltre che il lavoro è difficile da trovare per chi abbandona gli studi, soprattutto nel Mezzogiorno.

In Italia, il tasso di occupazione dei giovani che abbandonano gli studi è del 39%. La percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni con al massimo un titolo secondario inferiore e non inseriti in un percorso di istruzione o formazione è dell’11,5%, e tra il 2021 e il 2022 è diminuita di poco più di un punto. Tuttavia, nonostante i progressi, il valore rimane tra i più alti dell’UE (la media europea è del 9,6%).

Tra i disoccupati, che dovrebbero essere i principali destinatari di azioni di riqualificazione e aggiornamento delle competenze per reinserirsi nel mondo del lavoro, solo il 6,7% è coinvolto in programmi di formazione, la metà della media europea (13,2%). Tuttavia, la percentuale di occupati che partecipa ad attività formative è simile alla media europea (10,7% nel 2022; 12,6% nell’UE); tra questi, l’82,5% lo fa per motivi professionali e l’85,8% con l’aiuto del datore di lavoro.

Nel Mezzogiorno, i laureati tra i 30 e i 34 anni hanno un tasso di occupazione inferiore di 20 punti rispetto al Nord (69,9% contro 89,2%). Il report dell’Istat sottolinea che il tasso di disoccupazione nel Sud Italia è molto più alto rispetto al resto del Paese, anche tra coloro con un alto livello di istruzione. Il tasso di disoccupazione dei laureati è del 6,7%, superiore di quattro punti rispetto alla media. Tuttavia, nell’Italia meridionale, i vantaggi occupazionali dell’istruzione sono superiori rispetto al Centro-nord, in particolare per le donne con titolo terziario.

L’Istat segnala inoltre un rischio concreto di esclusione dal mercato del lavoro per i Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono più inseriti in un percorso scolastico o formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa, e che in Italia sono il 19% nel 2022, rispetto all’11,7% della media europea. L’Istat afferma che tra i Neet disoccupati, la metà (51,9%) è alla ricerca di un lavoro attivamente da almeno 12 mesi.

Nelle regioni meridionali, questa percentuale sale al 62,5%, mentre nel Centro è del 43,3% e al Nord del 39,5%. Il rischio di esclusione dal mercato del lavoro aumenta man mano che aumenta il tempo trascorso come Neet. In generale, la percentuale di Neet sui giovani tra i 15 e i 29 anni nel 2022 diminuisce per entrambi i sessi, tornando ai livelli del 2007, e in misura leggermente maggiore per le donne. Tuttavia, il divario rimane significativo (17,7% per gli uomini contro il 20,5% per le donne). Inoltre, la percentuale di Neet è più alta nel Mezzogiorno (27,9% contro il 13,5% al Nord e il 15,3% nel Centro) e tra gli stranieri (28,8% contro il 18,0% degli italiani).

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