La situazione del commercio al dettaglio in Italia continua a destare preoccupazione, con un numero crescente di attività che chiudono le porte. Secondo le stime di Confesercenti, negli ultimi dieci anni sono scomparse 140.000 imprese del commercio al dettaglio in sede fissa, delle quali 46.500 erano negozi di vicinato, come alimentari, edicole, bar e benzinai. In questo contesto, le strade e le piazze delle città si svuotano, portando a un cambiamento radicale del panorama urbano. Durante la presentazione del dossier “Commercio e servizi: le oasi nei centri urbani“, sono emerse informazioni allarmanti sulla desertificazione commerciale che colpisce il paese.
Il rapporto di Confesercenti mette in evidenza che la crisi del commercio al dettaglio ha raggiunto 5.653 comuni, specialmente quelli di dimensioni più piccole. Con oltre 3,8 milioni di italiani impossibilitati ad acquistare beni essenziali come il pane nelle panetterie locali, quasi 3,5 milioni sono privi di edicole per l’acquisto di quotidiani, e circa 3,2 milioni non possono trovare negozi di biancheria o vestiti per bambini. Questo fenomeno non solo impedisce l’accesso a beni fondamentali, ma contribuisce anche a una perdita di vivibilità nelle comunità più piccole, minacciando l’economia locale e le interazioni sociali.
Oltre alla chiusura dei negozi tradizionali, l’analisi rivela che nei piccoli centri di dimensioni ridotte si registra un incremento delle tabaccherie, che spesso si trasformano in centri di servizi. Tuttavia, questo sviluppo non compensa la mancanza di altre attività commerciali, creando un vuoto significativo e limitando le opzioni per i residenti.
Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti, ha espresso la necessità di un cambiamento radicale per affrontare la crisi commerciale. Ha sottolineato l’importanza di passare dalla “rottamazione” del commercio, come previsto dalle normative del 1998, a una strategia di rigenerazione delle economie urbane. La presidente ha evidenziato la necessità di misure concrete, come l’introduzione di una flat tax per le nuove aperture nelle aree desertificate e l’implementazione di semplificazioni burocratiche.
Inoltre, De Luise ha proposto la creazione di un “Fondo per la rigenerazione urbana” che si alimenterebbe delle risorse già versate dai commercianti per il meccanismo della rottamazione, ammontanti a circa 6 miliardi di euro, integrato con contributi da parte delle grandi aziende online. Questo fondo dovrebbe inoltre essere sostenuto dai guadagni degli extraprofitti delle piattaforme digitali, un’idea che ha suscitato attenzione e dibattito.
Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha dimostrato apertura verso la proposta di collaborazione per l’adozione di misure destinate a stimolare le piccole e micro imprese. Durante un’intervista, Urso ha anticipato che la legge annuale per il settore sarà presentata al consiglio dei ministri a breve. Ha anche fornito spunti su un imminente piano Transizione 5.0, i cui dettagli saranno pubblicati nelle prossime settimane e che includerà misure di agevolazione per il commercio.
Particolare attenzione sarà data agli investimenti in illuminotecnica e impianti di condizionamento, considerati fondamentali per il rilancio delle attività commerciali. Tuttavia, l’attuazione di queste misure dovrà essere accompagnata da un monitoraggio continuo e da interventi strategici che possano realmente contrastare la desertificazione commerciale e riportare vitalità nelle città italiane.
La situazione resta critica, ma le proposte di cambiamento offrono una speranza per la ripresa del commercio e per la salvaguardia delle economie locali, cruciali per il tessuto sociale e culturale del paese.
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