Critiche sui centri di identificazione: la voce di mons. Gian Carlo Perego sull’accordo Italia-Albania

Monsignor Perego critica l’accordo Italia-Albania per la gestione dell’asilo, evidenziando i rischi di detenzione e la regressione dei diritti umani, mentre l’Europa affronta una crescente crisi migratoria.
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Il dibattito sull’immigrazione in Italia si intensifica con l’entrata in vigore dell’accordo tra Italia e Albania per la gestione delle richieste di asilo. Monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione CEI per i temi dell’immigrazione e della fondazione Migrantes, esprime il suo profondo disappunto riguardo a questa decisione. In quest’articolo esploriamo le sue affermazioni e le implicazioni di tale accordo, che potrebbe segnare un cambiamento significativo nella gestione dei diritti di asilo.

I rischi associati ai centri di identificazione

Mons. Perego mette in primo piano la preoccupazione per il progetto di costruire tre strutture di detenzione a cielo aperto in Albania, accompagnate da un centro di identificazione per 400 migranti. Sottolinea che, nonostante le varie etichette, un Centro di Permanenza per il Rimpatrio è da considerarsi una prigione, poiché limita gravemente la libertà di movimento dei detenuti, negando loro anche l’uso del cellulare. Questa realtà, in cui i migranti non hanno la possibilità di uscire, è definita dallo stesso Perego come una tipologia di lager, un termine forte che rimanda a contesti già condannati dalla Consulta Italiana.

Secondo il presidente della fondazione Migrantes, la scelta di incrementare la detenzione, investendo un miliardo di euro in questa iniziativa, rappresenta una regressione della gestione del diritto di asilo. L’emotività di questa affermazione evidenzia la serietà con cui si sta affrontando la questione dei migranti in fuga da guerre, povertà e persecuzioni. Si sta assistendo a un passaggio drammatico nella retorica migratoria, dove la protezione dei diritti umani sembra cedere il passo a misure sempre più repressive.

Implicazioni del nuovo approccio italiano

Mons. Perego ha espresso il suo rifiuto a questa “terra di prigionia” e mette in luce le conseguenze di un approccio che prioritizza il controllo sulle esigenze umanitarie. Secondo il suo parere, questo cambiamento avverrà in un contesto in cui il numero di migranti è in crescita, e avviare operazioni di respingimento comporta di fatto la selezione dei richiedenti asilo, con il rischio di dividere famiglie in fuga.

Attualmente, solo un esiguo numero di migranti riesce a sbarcare e ricevere assistenza in Italia, una situazione che, secondo Perego, non potrebbe limitarsi a operazioni sporadiche e di facciata. L’operazione Mare Nostrum, inizialmente concepita come un’azione di soccorso, è ora trasformata in un programmazione di contenimento e selezione. Con questi cambiamenti, le statistiche di accoglienza si rivelano poco incoraggianti, con percentuali che si aggirano attorno al 10% rispetto ai numeri totali di sbarco degli ultimi anni.

Le reazioni e le avvisaglie future

A questa denuncia si sono aggiunti altri protagonisti della scena politica. Ursula von der Leyen ha parlato di una “lezione per l’Ue”, ma mons. Perego ha detto di non ritenere che la presidente della Commissione Europea abbia compreso pienamente la situazione in Albania e le sue implicazioni per i diritti umani.

La speranza espressa da Perego riguarda un possibile intervento della Corte Penale Europea e delle autorità sui diritti umani, in risposta alla condotta italiana e alla condizione dei migranti trattenuti. Con l’esempio di Cipro che ha subito una condanna per pratiche simili, si evidenzia la necessità di un monitoraggio da parte dell’Unione Europea.

Si prefigura, quindi, un compito gravoso per l’Europa, che deve affrontare non solo una crisi umanitaria ma anche interrogativi fondamentali sui valori di dignità e accoglienza che hanno caratterizzato i suoi principi fondatori. La questione immigrazione diventa così centrale, non solo per l’Italia, ma per l’intero continente europeo, che si trova a dover conciliare la gestione del fenomeno migratorio con i principi di solidarietà e rispetto dei diritti umani.

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