Italiani sonnambuli: la società che ignora i presagi
Il 57° rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese rivela una società italiana affetta da sonnambulismo, che si mette una mano davanti agli occhi e ignora i presagi. Questo rapporto, ormai un appuntamento di routine, ci permette di comprendere la fase che stiamo attraversando.
Il primo punto che emerge, e che rappresenta il filo conduttore dell’intera indagine, riguarda la cecità degli italiani di fronte ai presagi. Partendo dalla crisi demografica, si prevede che nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Siamo intrappolati nel mercato dell’emotività: l’80% degli italiani ritiene che il Paese sia in declino, il 69% pensa che la globalizzazione abbia portato più danni che benefici, e il 60% teme lo scoppio di una guerra mondiale, mentre il 50% non crede che saremo in grado di difenderci militarmente. Inoltre, siamo concentrati su desideri minori, non più alla ricerca dell’agiatezza, ma di uno spicchio di benessere quotidiano. L’economia, dopo la fine dell’espansione monetaria, registra un record di occupati, ma una crescita in rallentamento. Nel frattempo, aumentano le richieste di diritti civili individuali e le nuove forme di famiglia, con il 74% dei cittadini favorevole all’eutanasia. Nel contesto di una generazione che fatica a comunicare, i giovani manifestano un dissenso senza conflitto, con oltre 36.000 expat tra i 18 e i 34 anni solo nell’ultimo anno.
Il rallentamento della crescita e le sue conseguenze
Il segno negativo davanti alla variazione del Pil nel secondo trimestre dell’anno (-0,4%) e la stagnazione dell’economia registrata nel terzo trimestre (0,0%) indicano una nuova fase di incertezza, che ancora non tiene conto degli effetti del conflitto in Medio Oriente. Tra il primo e il secondo trimestre di quest’anno, gli investimenti fissi lordi sono diminuiti dell’1,7% (in particolare nelle costruzioni: -3,3%). Molte delle aspettative di rafforzamento del sistema produttivo sono state riposte nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), che secondo le stime raggiungerà solo il 50% di completamento entro la fine del 2023, rispetto al 74% previsto.
L’inversione di ciclo dell’occupazione
Il Censis sottolinea che siamo passati rapidamente dagli allarmi per l’elevata disoccupazione al record di occupati, mentre il sistema produttivo lamenta sempre più frequentemente la carenza di manodopera e figure professionali. La fase espansiva dell’occupazione, iniziata nel 2021, si è consolidata nel primo semestre di quest’anno. Tra il 2021 e il 2022, gli occupati sono aumentati del 2,4%, mentre nei primi sei mesi dell’anno la crescita rispetto allo stesso periodo del 2022 è stata del 2,0%. Al primo semestre, il numero di occupati ha raggiunto il dato più elevato di sempre, con 23.449.000 persone impiegate. Tuttavia, rispetto ai primi tre mesi di quest’anno, si è registrata una riduzione delle ore lavorate in tutti i settori produttivi: -3,0% nell’agricoltura, -1,1% nell’industria, -1,9% nelle costruzioni e -0,5% nell’intera economia. L’Italia rimane all’ultimo posto nell’Unione europea per tasso di occupazione, con il 60,1%, che è aumentato di 2 punti percentuali tra il 2020 e il 2022, ma rimane ancora al di sotto della media europea del 69,8% di quasi 10 punti. Se raggiungessimo la media europea, avremmo circa 3,6 milioni di occupati in più.
Espatriati ed esuli: la fuga verso l’altrove
L’Italia continua ad essere un Paese di emigrazione, con più di 5,9 milioni di italiani attualmente residenti all’estero, che rappresentano il 10,1% dei residenti in Italia, rispetto ai 5 milioni di stranieri residenti nel nostro Paese, pari all’8,6% dei residenti in Italia. Negli ultimi dieci anni, gli italiani che si sono stabiliti all’estero sono aumentati del 36,7%, ovvero quasi 1,6 milioni in più. Negli ultimi flussi migratori, si è registrato un significativo aumento della componente giovanile. Nell’ultimo anno, gli espatriati sono stati 82.014, di cui il 44,0% tra i 18 e i 34 anni (36.125 giovani). Considerando anche i minori che li accompagnano (13.447), si raggiunge quasi quota 50.000 unità, ovvero il 60,4% di tutti gli espatriati nell’ultimo anno. Inoltre, è aumentato significativamente il numero di laureati tra gli expat tra i 25 e i 34 anni, passando dal 33,3% nel 2018 al 45,7% nel 2021. Questa fuga di competenze non può essere considerata positiva, considerando che il saldo migratorio dei laureati è costantemente negativo per l’Italia.
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