Negli ultimi anni, il panorama del Servizio Sanitario Nazionale ha subito notevoli cambiamenti, con una crescente presenza femminile tra i professionisti della salute. Tuttavia, nonostante le dottoresse rappresentino oltre il 51% del totale dei medici, la rappresentanza femminile ai vertici rimane sorprendentemente bassa, creando una situazione di squilibrio di genere che è stata evidenziata dal III Rapporto su ‘Salute e il sistema sanitario’. Questo report è stato appena presentato a Roma dall’Osservatorio Salute, Legalità e Previdenza, in partnership con Eurispes e Enpam, l’Ente nazionale di previdenza dei medici.
La presenza femminile nel Servizio Sanitario Nazionale
Da anni, il SSN ha visto un incremento costante della presenza femminile, con due terzi dei dipendenti titolari di contratto a tempo indeterminato che sono donne. Nel 2021, il numero di donne medici ha raggiunto le 450.066 unità, segnando una tendenza di crescita continua. Le statistiche indicano che oltre un medico su due è donna, ma il quadro è molto più complesso se esaminiamo le diverse posizioni lavorative. La crescita del numero di medico donne non si traduce, infatti, in una rappresentanza adeguata nei ruoli apicali.
Le professionalità femminili nel SSN affrontano numerose sfide legate alla conciliazione vita-lavoro. L’organizzazione del lavoro su turni, unita alla scarsità di servizi che favoriscano un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, gravano in modo particolare sulle donne, rendendo difficile la scalata ai vertici. La situazione è aggravata dalla predominanza maschile nei ruoli di comando, dove gli uomini continuano a occupare la maggior parte delle posizioni dirigenziali.
Le sfide della parità di genere ai vertici
Il III Rapporto mette in luce le difficoltà che le dottoresse incontrano nel raggiungere posizioni di leadership all’interno della sanità pubblica. Nel 2022, solo l’11 dei 106 presidenti degli Ordini professionali provinciali erano donne, corrispondente al 10% della totale. La percentuale di primari donne è in particolar modo preoccupante, con soltanto il 19,2% di loro che ricoprono questo ruolo. L’analisi rivela che la presenza femminile diminuisce progressivamente man mano che si sale nella scala gerarchica.
Queste disparità evidenziano una vera e propria anomalia in un settore da sempre visto come un ambito in crescita per le donne. La distribuzione degli accessi alle posizioni elevate mostra, invece, come la gerarchia ed età continuino a giocare un ruolo cruciale, ostacolando l’avanzamento di carriera delle professioniste. Il rapporto sottolinea come sia necessario un cambiamento culturale e strutturale per promuovere un sistema più equo.
La situazione nelle università e il futuro delle professioniste
La situazione nelle università italiane non è migliore. Analizzando i dati relativi al personale docente e ricercatore in scienze mediche, emerge che soltanto il 19,3% delle professoresse ordinarie è donna. Questo numero è ancora più basso nelle posizioni dirigenziali delle facoltà. Per avere una rappresentanza femminile più forte, è necessario scendere verso le posizioni inferiori della gerarchia accademica.
Nonostante la crescita delle donne nel settore sanitario, resta quindi una sfida cruciale: trasformare la crescente partecipazione femminile in opportunità di leadership e decisione. L’analisi della piramide per età e struttura lavorativa indica come la sproporzione di genere sia fortemente correlata alla composizione anagrafica dei medici.
Il futuro del Servizio Sanitario Nazionale deve tenere in conto questi squilibri se si desidera costruire un ambiente di lavoro equo e rappresentativo che valorizzi ogni professionista, indipendentemente dal genere. La strada verso la parità di genere è complessa, ma essenziale per garantire che il sistema sanitario possa esprimere al meglio tutte le sue potenzialità.