L’attaccante del Milan, Christian Pulisic, scende in campo non solo come calciatore ma anche come portavoce dei suoi connazionali, spesso vittime di pregiudizi nel mondo del calcio europeo. Con il suo nuovo docufilm, intitolato semplicemente “Pulisic“, che debutterà su Paramount+, il giovane calciatore cerca di mostrare al pubblico un lato più profondo e personale della sua vita e carriera. Le sue dichiarazioni sul tema dimostrano come le opinioni di molti possano influenzare la percezione dei calciatori americani.
Pulisic ha recentemente rilasciato un’intervista a The Athletic, nella quale ha condiviso le sue esperienze e le sue emozioni riguardo a uno stigma percepito nei confronti dei calciatori americani in Europa. Secondo l’attaccante, questo pregiudizio ha influenzato la sua carriera nei suoi primi anni all’estero. “Spero che le persone possano vedere che c’è qualcosa di più su di me,” ha affermato, mettendo in luce il suo desiderio di essere valutato per il suo talento piuttosto che per la sua nazionalità.
Il calciatore ex Chelsea ha sottolineato quanto ora ci sia un cambiamento in atto. “Quanti americani negli ultimi cinque o dieci anni sono venuti in Europa? Ci sono calciatori statunitensi che giocano in Champions League e in campionati di prim’ordine,” ha affermato. Pulisic crede che il miglioramento della situazione sia anche dovuto al suo impegno e al lavoro svolto negli ultimi anni, il che potrebbe contribuire a cambiare la percezione nei confronti dei calciatori statunitensi.
Pulisic ha affrontato anche le polemiche scaturite dalla sua celebrazione, soprannominata ‘Trump dance‘, durante una partita. Ha chiarito che il suo gesto non era di natura politica ma semplicemente un ballo virale, un modo per esprimere la gioia per un gol. “Non mi sento diverso ora rispetto a quando l’ho fatto; era solo un trend di danza,” ha spiegato.
La sua posizione sulla questione denota una certa consapevolezza rispetto al clima politico del suo Paese. “Il modo in cui le persone reagiscono è sorprendente,” ha aggiunto, indicando che l’interpretazione di quel ballo potrebbe derivare dalla congiuntura attuale negli Stati Uniti. Pulisic ha culminato il suo intervento facendo notare che la Federazione calcistica americana non ha preso una posizione su quest’argomento, cosa che considera significativa. “Mi conoscono come persona. È così che dovremmo giudicare le persone,” ha concluso.
Uno dei traguardi principali per Pulisic è il prossimo Mondiale, in programma nel 2026 negli Stati Uniti, in Canada e in Messico. Il calciatore ha dichiarato che sarà un momento cruciale per la sua carriera, in quanto desidera non solo competere al massimo livello, ma anche ispirare le future generazioni di calciatori americani. “Voglio che il mio Paese si entusiasmi per il calcio,” ha detto, sottolineando l’importanza che questo evento avrà per la crescita dello sport in America.
Pulisic ha espresso la sua ambizione di lasciare un segno positivo nel calcio americano: “Mi piacerebbe poter dire di aver avuto una parte nel portare il calcio in America a un livello completamente diverso.” Questo obiettivo si allinea con la sua volontà di contribuire a costruire una nuova identità per il calcio statunitense, facendolo diventare uno sport rispettato e apprezzato a livello mondiale.
Il docufilm “Pulisic” si propone di rivelare una dimensione più autentica dello sportivo. “Alcuni di noi sono più introversi, altri più estroversi,” ha dichiarato, enfatizzando la diversità delle personalità tra i calciatori. L’obiettivo è permettere agli spettatori di vedere il suo lato più umano e riconoscere le difficoltà che un atleta affronta, specialmente un americano che prova a emergere in Europa.
“Mi identifico come qualcuno che non sempre vuole essere sotto i riflettori,” ha affermato, augurandosi che chi guarderà il documentario possa comprendere meglio le esperienze e le sfide che ha dovuto affrontare sul suo cammino per diventare uno dei migliori calciatori al mondo. Con questo progetto, Pulisic spera di abbattere le barriere e di mostrare che ci sono molte sfumature nella vita di un atleta professionistico.