Chiusa la filiale delle Poste serbe a Gračanica, tensione crescente tra Kosovo e Serbia

Il Kosovo chiude uffici serbi, intensificando le tensioni con Belgrado. Le autorità kosovare considerano queste strutture “parallele”, mentre la Serbia denuncia azioni unilaterali che ostacolano il dialogo.
Chiusa la filiale delle Poste serbe a Gračanica, tensione crescente tra Kosovo e Serbia - Tendenzediviaggio.it - Foto generata con AI

Le autorità del Kosovo hanno disposto oggi la chiusura di diversi uffici amministrativi legati alla Serbia, tra cui una filiale delle Poste serbe e un centro di assistenza sociale, a Gračanica, un comune situato a pochi chilometri da Pristina. Le operazioni, avvenute nelle prime ore del mattino, hanno visto l’intervento della polizia locale, che ha sigillato gli ingressi e informato i dipendenti della sospensione immediata delle attività lavorative. Questo provvedimento segna una nuova fase nelle tensioni tra Kosovo e Serbia, ripristinando un clima di attrito già noto nella regione.

Provvedimenti contro le istituzioni “parallele”

Questa chiusura fa parte di una serie di misure adottate dal governo di Pristina, che considera queste strutture come “istituzioni parallele” della Serbia, operanti in violazione della legge. La settimana scorsa, in un’operazione di polizia simile, un ufficio dell’amministrazione fiscale e una filiale della compagnia di assicurazione serba Dunav Osiguranje erano stati chiusi a Kosovska Mitrovica, località situata nella parte settentrionale del Kosovo. Negli scorsi mesi, dopo l’introduzione di misure che hanno messo al bando il dinaro serbo, il governo kosovaro ha già provveduto alla chiusura di filiali bancarie e altri uffici di servizi pubblici che assistono la comunità serba locale. Questi eventi segnano un punto di svolta nelle relazioni tra le due nazioni, un rapporto caratterizzato da storiche rivalità e conflitti.

Reazioni da Belgrado e l’appello al dialogo

La risposta da parte delle autorità serbe è stata immediata e ferma. Belgrado continua a non riconoscere l’indipendenza del Kosovo, considerandolo una provincia meridionale della Serbia. Petar Petkovic, a capo dell’Ufficio governativo serbo per il Kosovo e negoziatore nel dialogo con Pristina, ha condannato le azioni unilaterali del governo kosovaro guidato da Albin Kurti. Petkovic ha descritto queste azioni come violente e prive di interesse verso un dialogo costruttivo, in quanto ostacolano ulteriormente il processo di normalizzazione dei rapporti tra le due parti.

Durante una sua visita a Bruxelles, Petkovic ha partecipato alla prima seduta della commissione congiunta Belgrado-Pristina, iniziativa volta a risolvere questioni relative alle persone scomparse durante il conflitto del 1998-1999. Petkovic ha messo in evidenza il presunto “terrore” perpetrato dalla dirigenza kosovara nei confronti della popolazione serba, sostenendo che tali azioni minacciano la stessa esistenza del dialogo tra le due nazioni. Ha inoltre espresso la convinzione che l’Unione europea non possa rimanere indifferente rispetto a queste dinamiche, suggerendo una responsabilità condivisa nella situazione attuale.

Un contesto di insicurezza e tensioni persistenti

La chiusura di queste istituzioni e le accuse reciproche tra Kosovo e Serbia avvengono all’interno di un contesto di insicurezza e diffidenza, eredità di un passato conflittuale che continua a pesare sulle relazioni bilaterali. Le prospettive per un dialogo costruttivo fra le due parti sembrano al momento compromesse, con il rischio di un ulteriore allargamento delle tensioni che potrebbero avere ripercussioni sul campo sociale ed economico della regione. La comunità internazionale resta in attesa di sviluppi, mentre gli abitanti delle zone colpite vivono l’impatto diretto di queste misure e delle tensioni politiche che ne derivano.

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