Il 3 gennaio 2020 segna il quarto anniversario dell’assassinio del generale Qassem Soleimani, figura di spicco delle operazioni militari iraniane all’estero, avvenuto in un raid americano all’aeroporto di Baghdad. Basso di statura ma imponente nella sua influenza, Soleimani era noto per guidare le più segrete e sanguinose operazioni dell’Iran nella regione mediorientale.
Indice
ToggleOrdine di Trump e Raid a Baghdad
L’ordine di colpire Qassem Soleimani giunse in risposta a una serie di eventi del dicembre 2019, tra cui l’attacco di milizie sciite alla base aerea K-1 di Kirkuk e l’assalto all’ambasciata statunitense a Baghdad. Il 3 gennaio, in un attacco con drone statunitense, il generale Soleimani venne ucciso all’aeroporto internazionale di Baghdad, insieme al capo delle Forze di Mobilitazione Popolare sciite irachene, Abu Mahdi al-Muhandis. L’operazione fu eseguita su ordine diretto del presidente Donald Trump.
Reazioni e Conseguenze
L’uccisione di Soleimani scatenò una serie di reazioni in Medio Oriente e oltre. Mentre gli Stati Uniti celebravano la rimozione di una figura considerata pericolosa, i sostenitori di Soleimani e molti paesi della regione condannarono l’azione come un atto di aggressione. Le tensioni tra Stati Uniti e Iran raggiunsero livelli critici, portando a una crescente instabilità nella regione.
Ulteriori Azioni: Shibl al-Zaydi
Il 4 gennaio 2020, un altro attacco mirato a nord di Baghdad portò alla morte di Shibl al-Zaydi, il capo delle brigate Katai’b Hezbollah, un gruppo paramilitare sciita iracheno filo-iraniano. L’attacco provocò ulteriori polemiche e consolidò ulteriormente la percezione di una regione sospesa su un filo di tensione.
A quattro anni dalla morte di Qassem Soleimani, il suo impatto e la sua eredità persistono, mentre la storia di quel fatidico giorno continua a influenzare le dinamiche geopolitiche della regione.