Caso pandoro ‘Pink Christmas’: la Corte d’Appello di Torino conferma pratica commerciale scorretta

La Corte d’Appello di Torino conferma la condanna a Balocco per pratiche commerciali scorrette legate al pandoro ‘Pink Christmas’, aprendo la strada a possibili risarcimenti per i consumatori.
Caso pandoro 'Pink Christmas': la Corte d’Appello di Torino conferma pratica commerciale scorretta - Tendenzediviaggio.com

La recente sentenza della Corte d’Appello di Torino ha nuovamente ribadito che la società Balocco ha messo in atto pratiche commerciali scorrette riguardo al pandoro ‘Pink Christmas’ in collaborazione con Chiara Ferragni. Questa decisione, accolta con soddisfazione dalle associazioni dei consumatori come Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi, e Adusbef, apre scenari significativi per i possibili risarcimenti a favore dei consumatori. La questione si è innescata attorno alla comunicazione promozionale associata a questo prodotto e alla sua presunta finalità benefica.

La controversia legale

Il caso ha avuto origine da un ricorso presentato dalla società Balocco contro una precedente decisione del Tribunale di Torino, emessa ad aprile. Il tribunale aveva accolto le richieste delle associazioni di consumatori, stabilendo che ci fosse un’ingiustificata ingannevolezza nei messaggi divulgati riguardo al pandoro. Questi si concentravano principalmente sulla campagna di beneficenza che accompagnava il prodotto, suggerendo un collegamento diretto fra l’acquisto del pandoro e il supporto a cause sociali.

La Corte d’Appello, mediante il presidente Emanuela Germano Cortese, ha chiarito che le modalità pubblicitarie adottate da Balocco erano contrarie alla diligenza professionale, al punto da alterare in modo significativo le scelte economiche del consumatore medio. All’interno della sentenza, si evidenzia come l’acquisto di questo prodotto identifichi erroneamente l’idea che il prezzo maggiorato contribuisse in modo sostanziale a iniziative benefiche.

Dettagli della sentenza

Nel provvedimento della Corte, viene specificato che non solo la pratica commerciale di Balocco è stata etichettata come scorretta, ma l’azienda è stata condannata per aver diffuso informazioni potenzialmente fuorvianti. L’alto prezzo del pandoro ‘Pink Christmas’ avrebbe indotto i consumatori a considerare questo acquisto non solo un’opzione dolciaria, ma anche un gesto solidale. Tuttavia, si è rivelato che la differenza di prezzo era dovuta anche ai costi di licenza per utilizzare l’immagine e il marchio di Chiara Ferragni, nonché per un packaging accattivante e dettagli particolari quali lo zucchero a velo rosa.

Il tribunale ha evidenziato come la comunicazione del prodotto, nei suoi intenti e effetti, risultasse ingannevole e potesse portare a malintesi significativi da parte degli acquirenti. Inoltre, la decisione legale ha aperto la strada a potenziali risarcimenti per i consumatori danneggiati. Codacons e le altre associazioni hanno affermato che è importante mantenere la trasparenza nelle pratiche di marketing, evidenziando che fraintendere le intenzioni di un prodotto può portare a gravi ripercussioni, sia per le aziende implicate sia per le celebrità che le sostengono.

La posizione di Balocco

A seguito della sentenza, Balocco ha rilasciato una dichiarazione in cui si dichiara delusa ma consapevole del decreto della Corte d’Appello. L’azienda ha precisato che quanto emerso rispecchia le opinioni già espresse dall’Agcm, che era stata impugnata precedentemente in altri ambiti. I rappresentanti legali di Balocco hanno sottolineato che la Corte di Appello non ha emesso una nuova condanna, ma ha semplicemente confermato il decreto già disposto dal Tribunale di Torino.

Inoltre, Balocco ha chiarito che le richieste di risarcimento e inibizione avanzate dalle associazioni dei consumatori erano state rigettate in precedenza, e che la Corte ha deciso di mantenere l’assenza di “giudicato” per il provvedimento in essere. Con riferimento alla questione del prezzo e della comunicazione del pandoro, la difesa ha espresso la volontà di dimostrare l’innocenza dell’azienda nelle sedi legali competenti, confutando l’idea di una comunicazione ingannevole.

Diversi esperti di diritto commerciale evidenziano che questo caso pone un’importante attenzione sui diritti dei consumatori e sulla responsabilità delle aziende nella comunicazione dei loro prodotti, specialmente quando si tratta di cause sociali e promozioni benefiche.

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