Arlecchino, affiancato da Pulcinella, è una delle maschere più iconiche e amate della commedia dell’arte. Scopriamo la sua storia affascinante e le curiosità che la circondano.
Nata nel 1550, Arlecchino è una maschera originaria della tradizione bergamasca, ma le sue radici affondano nel paganesimo, con alcune teorie che suggeriscono persino origini diaboliche. Il nome Arlecchino deriverebbe dalla parola germanica “Hölle König”, che significa “Re dell’Inferno”. Con il tempo, questa radice si è trasformata in “Helleking” e successivamente in “Harlequin”. Secondo antiche tradizioni, Arlecchino era inizialmente considerato una figura demoniaca, con riferimenti persino nella Divina Commedia di Dante. Carlo Goldoni, con la sua commedia “Arlecchino servitore di due padroni”, contribuì a consolidare la maschera, pur mantenendo un velato richiamo all’accezione anticristiana del termine.
L’abito di Arlecchino è un trionfo di colori, ma pochi sanno che originariamente nasce bianco. La particolarità del suo vestito è data dai numerosi rattoppi che Arlecchino vi cucisce, rendendolo un mosaico multicolore di stoffe raccolte come può. Esiste anche un’interessante teoria secondo cui il vestito sarebbe il risultato di un gesto di carità di diverse famiglie, ognuna delle quali contribuì con un pezzo di stoffa per creare un costume unico per Arlecchino.
Arlecchino, discendente di Zanni, è un servo povero storicamente noto per la sua infedeltà al padrone, diventando spesso il bersaglio di burle e scherzi. Pur essendo sfortunato e buffo, è ricco di immaginazione, vivace e simpatico. Dotato di una parlata scurrile e dialettale, è famoso per la sua agilità. Sempre affamato, inventa ogni sorta di espediente pur di sfamarsi.
Arlecchino è per eccellenza l’innamorato di Colombina, incarnando il sentimento dell’amore nella commedia dell’arte.
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