Cinque giovani, di cui uno minorenne, sono stati arrestati in Italia per aver formato un’associazione terroristica legata alla Jihad islamica. L’operazione, condotta dai carabinieri del Ros, ha messo in luce come la radicalizzazione avvenisse prevalentemente attraverso la propaganda online, specialmente durante il periodo di isolamento del Covid-19. I nuovi arresti hanno sollevato preoccupazioni sui metodi di reclutamento utilizzati da gruppi estremisti nel contesto attuale.
I cinque indagati hanno creato un gruppo noto come “Da’Wa Italia”, traducibile in “Chiamata alle armi Italia”. Questo gruppo non solo promuoveva ideologie terroristiche, ma si impegnava anche attivamente nel rafforzamento delle reti di “Al Qaeda” e “Stato Islamico”. Il coordinamento dell’indagine è stato sviluppato dalla Procura di Bologna e dal Dipartimento antiterrorismo, riscontrando che l’associazione si era strutturata con un focus particolare nelle città di Bologna, Spoleto, Monfalcone e Milano.
Un elemento di massima attenzione è rappresentato dalla figura di una giovane donna, ventenne di origine pachistana, che ha assunto un ruolo di leadership all’interno del gruppo. Questa ragazza, infatti, ha apportato un livello di attivismo inusuale nel contesto di associazioni simili, sfruttando la sua influenza per coinvolgere altri membri. Il gruppo ha saputo attrarre giovani non provenienti da contesti di disagio economico, suggerendo che la radicalizzazione può manifestarsi anche in ambiti sociali insospettabili.
Il blitz dei carabinieri del Ros è avvenuto alla vigilia di Natale del 2023, quando sono state eseguite varie ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Bologna. Gli investigatori hanno ricevuto il mandato da parte della Procura bolognese, avviando così operazioni preventive per smantellare l’associazione. Quattro dei giovani sono stati arrestati, mentre un quinto individuo è riuscito a fuggire verso il Corno d’Africa prima dell’intervento delle forze dell’ordine.
La Procura, insieme a quella nazionale antimafia e antiterrorismo, ha tracciato una rete investigativa che ha portato a scoprire contatti e potenziali legami con organizzazioni jihadiste. L’allerta lanciata dai servizi segreti ha assunto una dimensione significativa di fronte al crescente fenomeno del reclutamento di giovani attraverso canali non tradizionali. I dati raccolti e i dispositivi elettronici sequestrati offriranno uno sguardo più approfondito sulle modalità operative del gruppo e sui possibili collegamenti internazionali.
Il profilo dei cinque arrestati risulta particolarmente interessante. Tutti sono sotto i 30 anni, e uno è ancora minorenne. Nonostante non fossero originari di contesti familiari problematici, i loro percorsi di vita sembrano averli portati verso una forma di radicalizzazione digitale. La giovane di origine pachistana, leader del gruppo, ha drasticamente stravolto delle normative sociali che generalmente collocano il maschile al di sopra della femminilità in contesti jihadisti.
Insieme a lei, si è unita un’altra ragazza di origine algerina residente a Spoleto, riuscendo a costruire un solido gruppo di propaganda. Il coinvolgimento della sua famiglia e di amici ha ulteriormente espanso la rete. Da segnalare è anche il contributo di un giovane di origine turca, residente a Monfalcone, e un ragazzo marocchino di Milano, il quale aveva già intrapreso il cammino verso i conflitti in Africa. Questi dettagli mettono in evidenza un fenomeno di radicalizzazione giovanile che si espande via internet, utilizzando un linguaggio che risuona tra i giovani e cerca di dare risposta a sentimenti di frustrazione e ricerca di identità.
Il 27 dicembre 2023, è previsto il primo round di interrogatori di garanzia per due dei cinque indagati, inclusa la giovane di Bologna, assistita da un avvocato. Queste audizioni si preannunciano cruciali per ottenere ulteriori informazioni sui legami dell’associazione e per chiarire le loro intenzioni.
Le indagini non si fermano qui. Gli inquirenti continuano a esaminare i dispositivi elettronici sequestrati, che potrebbero fornire dettagli su come i membri interagivano e si organizzavano. Le prove raccolte potrebbero rivelare altre connessioni a livello italiano ed europeo, contribuendo così a una lotta più informata contro il terrorismo e la radicalizzazione giovanile all’interno delle nostre comunità.