Si chiamano Bici Rosa (col GPS) e sono un trio acustico romano nato, come ci tengono a dire, “Dall’incontro tra uno spritz e una denuncia per ricettazione”.
Alcol, denuncia per ricettazione e, come vedremo in seguito, depressione che sono gli elementi che legano il gruppo formato da: Giulia Nicolosi la cantante, alla chitarra c’è Ignazio Di Biagio mentre Giorgio Pacifici è al basso. Un trio che si è formato recentemente, nel 2019, e che, a dispetto di quanto è successo ad altri, “Ha visto la pandemia rafforzarci portandoci a produrre, al posto delle cover, molti pezzi inediti quali “Cam” e “Resa” che si trovano su tutte le piattaforme digitali” come conferma la stessa Giulia, la quale ci preannuncia l’imminente uscita tra ottobre, massimo novembre, del prossimo singolo.
Che non siano una band banale lo si intuisce anche solo già dal nome, il quale trae origine da una biciletta, una Graziella rosa di proprietà della cantante, che viene portata ogni volta sul palco; Graziella che ha rischiato di essere venduta da Giulia la quale, per ragioni di comodità, aveva optato per l’acquisto di una bici elettrica “Nuovissima e bellissima per il prezzo ridicolo di soli 200 euro”. Bici elettrica che viene ritirata da una Giulia emozionata e felicissima, salvo riceve poco dopo “visita” della Polizia, la quale l’aveva trovata grazie al GPS inserito dal proprietario al quale era stata rubata da pochissimo; da qui la denuncia per ricettazione… Una storia questa che ha anche del divertente, evidentemente, e che Giulia conferma di averla “Raccontata all’inizio della collaborazione con Ignazio e Giorgio per, così dire, rompere il ghiaccio mentre bevevamo uno spritz” capendo come potesse divenire parte integrante del nome della band. Ed infatti “GPS” deriva proprio dal localizzatore della bici rubata, mentre “Graziella rosa” è la biciletta di cui Giulia non si è liberata e c’è da scommetterci non lo farà mai.
La band si esibisce principalmente nei locali della Capitale quali ad esempio, come ricorda Giulia, “Ultimamente presso Le Mura a San Lorenzo, Largo Venue dove abbiamo partecipato al contest di Micidiale, al Let it beer, dove abbiamo fatto un live così come al Cargo Burger Lab”. Al momento per i tre cantare e suonare è “solo” una passione perché “Specialmente in questo periodo pandemico bisogna stare con i piedi per terra; infatti nella vita facciamo altro: chi studia ancora e chi, come me, lavora già da anni in vari ambiti” analizza con lucidità Giulia.
Insolito, rimanendo quindi nella non banalità che caratterizza la band, è come la cantante abbia iniziato il suo percorso musicale perché, come ricorda “Ho sempre ascoltato moltissima musica e la mia famiglia è di musicisti, ma non avevo mai approcciato realmente uno strumento per più di quei 3-4 mesi durante i quali, ad esempio, suonavo il pianoforte perché a casa lo facevano tutti”. Fino a quando capita che una sera “Dopo aver bevuto più del normale mi ritrovo a cantare circondata da amici i quali mi consigliano di farlo veramente e seriamente; da lì inizio così a frequentare corsi di canto andando a scoprire di avere una buona estensione vocale”.
Giulia, che è cantautrice, scrive i testi delle canzoni che hanno come minimo comune denominatore di essere depresse poiché rivolte a Trentenni in crisi adolescenziale visto che tendiamo a fare dei testi che puntano molto sull’emotività con toni che, essendo po’ da adolescenti, rimangono poi anche alla “tenera” età di trent’anni” analizza la cantante.
La band si definisce molto eterogenea a livello di stile musicale e non potrebbe essere altrimenti visto che Giulia viene dall’hardcore Punk, da una scena aggressiva, dall’hard rock insomma mentre il chitarrista viene dal pop e il bassista dal reggae. Tre generi che non c’entrano assolutamente niente l’uno con l’altro, “Mal distribuiti” dice scherzosamente Giulia, che hanno dato vita “Ad un genere tutto nostro che possiamo chiamare “Punkautorato”, una sorta di cantautorato con una vena punk per capirsi, dove puntiamo molto su dei testi che, come diciamo noi, facciano male all’anima”.