“Un museo a cielo aperto” è così che vengono definite alcune delle nostre città d’arte tra cui Firenze o Roma solo per citarne un paio; ma è così che viene visto anche l’intero nostro Paese che dall’alto del proprio inestimabile, sia in termini qualitativi che quantitativi, patrimonio culturale rappresenta il non plus ultra dei beni culturali.
Ma l’Italia non è solamente “Un museo a cielo aperto” poiché il Belpaese può vantare un patrimonio sconfinato di siti archeologici anche sotto le acque; sono infatti circa mille i siti archeologici subacquei mappati (molti di più sono ancora da catalogare) che rappresentano un vero e proprio tesoro nascosto in termini di storia. Sotto le nostre acque si possono così trovare reperti che vanno dall’età preistorica, passando per l’epoca greca, romana e rinascimentale, fino ad arrivare ai resti della Seconda Guerra Mondiale.
Siti archeologici subacquei che, da circa un ventennio a questa parte, vengono ufficialmente considerati dalle istituzioni preposte. Sono infatti vent’anni che esiste il progetto “Restaurare sott’acqua” il quale permette di sperimentare metodologie e tecniche di restauro cosiddetto “in situ”; del 2001 è poi la data di istituzione della Convenzione Unesco per la protezione del patrimonio subacquee a cui ha fatto seguito, da un anno a questa parte, l’attività della Soprintendenza nazionale italiana.
Le ultime scoperte subacquee sono avvenute in Puglia, nello specifico nel Salento, dove sono stati recuperati reperti ceramici dell’età corinzia facenti parte del carico di una nave partita da Corinto e diretta appunto sulle coste pugliesi. Anche la Calabria, nello specifico Capo Rizzuto, è al centro dell’attenzione in quanto sul fondo del mare si trova il cosiddetto “relitto della campana” ovvero un’imbarcazione carica di cannoni. Ma non finisce qui perché sono allo studio ricerche anche presso le Isole Tremiti, l’aerea di Baia, di Crotone, di Capo Testa in Sardegna e le Cinque Terre.
Come è facile intuire le problematiche inerenti ad un bene culturale ubicato sott’acqua sono numerose e diverse, anche se paradossalmente non così enormemente, da quelle dei suoi “colleghi a cielo aperto”; ed è così che per proteggere e valorizzare questo immenso giacimento sia necessario innanzitutto conoscere quanti sono i beni subacquei, successivamente catalogarli e poi conservarli per successivamente valorizzarli.
Per valorizzare veramente i siti subacquei rendendoli accessibili al più ampio numero di interessati sono operativi dei sistemi atti a non precludere il patrimonio sott’acqua a chi non si immerge; la tecnologia viene in soccorso grazie alla realtà aumentata, la realtà virtuale, che permettono, con la realizzazione di rilievi tridimensionali lavorati poi da ingegneri e attraverso i consigli degli archeologi, di creare un modello virtuale nel quale il visitatore può “navigare”, ad esempio all’interno di un relitto o di una villa romana pur stando sulla terra ferma.
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In apertura il “Campanile nel Lago di Resia”