Il 40% delle persone con Hiv scopre casualmente la propria infezione e il 20% ritarda a comunicarla a causa della paura del giudizio e dell’emarginazione. Questi sono alcuni dei risultati di un’indagine condotta da Elma Research su 500 pazienti, presentata oggi a Milano in occasione del lancio della campagna di sensibilizzazione “Hiv. Ne parliamo?”. L’iniziativa, promossa in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids, ha l’obiettivo di abbattere lo stigma e i pregiudizi legati all’Hiv, aiutando le persone a vivere meglio e con maggiore serenità . La campagna è sostenuta da Gilead Sciences e ha il patrocinio di 16 associazioni di pazienti italiane, della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e dell’Italian Conference on Aids and Antiviral Research (Icar).
Attraverso le testimonianze di persone che vivono con l’Hiv, la campagna si concentra sugli aspetti della vita che possono essere migliorati, invitando le persone a prendere consapevolezza e ad affrontarli attraverso una semplice domanda da porre al proprio medico: “ne parliamo?”. Gli aspetti psicologici, le relazioni con gli altri, il dialogo con il medico e l’aderenza corretta alla terapia sono i temi principali dell’iniziativa, che offre spunti di riflessione sulla propria condizione e fornisce informazioni utili per migliorarla.
Secondo Gabriella d’Ettorre, del Dipartimento di Sanità pubblica e malattie infettive dell’Università Sapienza di Roma, il fatto che il 95% delle persone comunichi l’infezione in modo parziale, spesso escludendo familiari e amici, indica che c’è ancora un forte stigma e “autostigma” che influisce negativamente sulla qualità di vita e sul benessere psicologico delle persone che scoprono di essere sieropositive. Un dialogo aperto con il medico e il supporto delle associazioni di pazienti sono fondamentali per affrontare e risolvere queste problematiche. Inoltre, è importante tornare a parlare dell’Hiv per promuovere l’accesso al test volontario, soprattutto per coloro che hanno comportamenti a rischio, al fine di favorire una diagnosi precoce dell’infezione.
Secondo i dati del Centro operativo Aids (Coa), quasi il 60% dei casi di infezione da Hiv viene scoperto in fase avanzata, il che può compromettere l’efficacia delle terapie. Secondo Andrea Gori, del Dipartimento Malattie infettive all’ospedale Sacco dell’Università di Milano, l’adesione alla terapia è fondamentale per ottenere una buona qualità di vita. L’aderenza alla terapia riduce drasticamente la probabilità di sviluppare mutazioni del virus che possono causare resistenza ai farmaci anti-Hiv. Inoltre, chi segue le indicazioni terapeutiche protegge anche gli altri, poiché riduce la replicazione del virus e non trasmette l’infezione. Il dialogo con lo specialista è quindi fondamentale per comprendere come l’aderenza alla terapia possa migliorare la qualità di vita, anche dal punto di vista psicologico.
Alessandro Lazzaro, del Dipartimento di Sanità pubblica e malattie infettive dell’Università Sapienza di Roma, sottolinea l’importanza della salute mentale e del benessere psicologico per le persone con Hiv. Molte di loro sono a rischio di depressione o presentano disturbi come insonnia, ansia e depressione, che possono influire negativamente sulla qualità di vita. Lo stigma sociale è una delle principali cause di questi disturbi, ma possono esserci anche cause biologiche legate agli effetti del virus o della terapia antiretrovirale. Il dialogo medico-paziente è cruciale per affrontare queste problematiche e indirizzare chi ne ha bisogno verso un percorso di cura multidisciplinare.
La campagna “Hiv. Ne parliamo?” non si rivolge solo alle persone con Hiv, ma cerca di alimentare il dialogo e rispondere alle domande della popolazione generale. Influencer selezionati coinvolgeranno le loro community per sensibilizzarle sull’importanza di parlare dell’Hiv e abbattere le barriere del pregiudizio. La campagna lancia una sfida molto semplice: “ne parliamo?”. Per ulteriori informazioni, è possibile visitare il sito hivneparliamo.it.