Il presidente della Commissione Cei per l’immigrazione, mons. Gian Carlo Perego, ha criticato duramente l’accordo tra Italia e Albania sulla gestione dei flussi migratori, definendolo una resa del nostro Paese all’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Secondo mons. Perego, è inaccettabile che un Paese con 60 milioni di abitanti faccia fatica ad accogliere solo tremila persone e si organizzi in modo adeguato. L’accordo prevede l’esternalizzazione dell’accoglienza in un Paese extraeuropeo come l’Albania, una pratica che mons. Perego ritiene costosa e che potrebbe essere meglio impiegata per migliorare l’assistenza e i servizi in Italia.
Il presidente della fondazione Cei Migrantes solleva diverse questioni riguardo all’accordo. Ad esempio, si chiede come sarà effettuata la selezione dei migranti e cosa accadrà alle donne e ai bambini, che non saranno inclusi. Inoltre, sottolinea che non è chiaro quali accordi saranno presi per il rimpatrio nei Paesi di origine e quanto tempo i migranti rimarranno in Albania. Mons. Perego teme che l’accordo si traduca in un centro di trattenimento esternalizzato, simile ai Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) che non sono ancora stati realizzati in Italia.
Il giudizio di mons. Perego è netto: l’accordo rappresenta una resa dell’Italia rispetto all’impegno di rafforzare il sistema di accoglienza, considerando che il nostro Paese si trova solo al quattordicesimo posto per numero di accoglienze rispetto alla popolazione.
Nonostante le sue critiche, mons. Perego spera che l’accordo naufraghi come quello con la Tunisia e rimanga solo sulla carta. Confida che il Parlamento e l’Europa riescano a rivalutare il progetto, che secondo lui disonora l’Italia e non tutela il diritto alla protezione internazionale dei migranti.