Omicidio Roberta Siragusa: Imputato condannato all’ergastolo, dettagli e conferme

Una foto tratta dal profilo Facebook di Roberta Ragusa, Roma, 26 Maggio 2021. FACEBOOK

La corte d’assise d’appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino, ha confermato la condanna all’ergastolo per Pietro Morreale, il giovane di Caccamo accusato di aver ucciso Roberta Siragusa la notte tra il 23 e 24 gennaio del 2021. Il processo di appello si è aperto il 9 ottobre scorso.

Accuse di omicidio aggravato e occultamento di cadavere

L’imputato è accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. La famiglia della vittima e il Comune di Caccamo si sono costituiti parte civile nel processo, assistiti dagli avvocati Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Sergio Burgio. Il sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno aveva chiesto la conferma dell’ergastolo. Pietro Morreale è difeso dall’avvocato Gaetano Giunta.

Risarcimenti e provvisionale esecutiva

Alla lettura del dispositivo erano presenti tutti i parenti di Roberta, il padre, la madre, il fratello, la nonna, la zia e i cugini, oltre a numerosi amici. In primo grado, il giovane era stato condannato anche al risarcimento del danno nei confronti della madre della vittima, Iana Brancato, per 225 mila euro; al padre Filippo Siragusa, per 229 mila euro; al fratello Dario, per 209 mila euro; e alla nonna Maria Barone, per 117 mila euro. Pietro Morreale dovrà inoltre risarcire il Comune di Caccamo con una provvisionale esecutiva di 15 mila euro.

La tragica morte di Roberta Siragusa

Roberta Siragusa, 17 anni, venne uccisa a Caccamo la notte tra il 23 e il 24 gennaio del 2021, bruciata viva nei pressi dello stadio. I sospetti si concentrarono subito sul fidanzato Pietro Morreale, 21 anni, che era con lei quella sera e che ha sempre sostenuto la propria innocenza, affermando che sarebbe stata la ragazza a darsi fuoco dopo un litigio. Durante il verdetto erano presenti in aula i genitori e il fratello di Roberta, i genitori e alcuni amici di Pietro. L’imputato, al momento della richiesta del sostituto procuratore generale Maria Teresa Maligno, ha risposto di no e ha mantenuto la sua impassibilità anche alla lettura del verdetto. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, la notte dell’omicidio Pietro Morreale avrebbe picchiato la fidanzata, che aveva deciso di lasciarlo, e l’avrebbe poi data alle fiamme nei pressi del campo sportivo. Successivamente, avrebbe caricato il corpo sull’auto e lo avrebbe abbandonato in un dirupo vicino alla casa della vittima.

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