Il Canone Mediterraneo: Un’Esposizione al Maxxi con le Opere di Dalisi e Jodice

Il Maxxi, con il suo nuovo approccio all’arte, all’architettura e al design, presenta due mostre di esordio che mettono in risalto il Mediterraneo come canone culturale. Dal 10 novembre, sono in esposizione due letture simmetriche della cultura che si sviluppano dalle radici dell’arte contemporanea del Mare Nostrum. La prima è una grande retrospettiva dedicata a Riccardo Dalisi, un anno dopo la sua scomparsa, mentre la seconda è un omaggio a Mimmo Jodice con una selezione di fotografie della serie Mediterraneo, acquisite dal Maxxi. Entrambi i progetti fanno parte della nuova programmazione del dipartimento di Architettura del Maxxi, guidato da Lorenza Baroncelli, che apre le porte del museo al design contemporaneo.

La retrospettiva di Riccardo Dalisi

La retrospettiva, intitolata “Radicalmente”, rappresenta una riscoperta di Dalisi, figura rimasta ai margini della cultura accademica. Il suo lavoro, anticonvenzionale e rivoluzionario, si è mosso tra architettura e design, arte e artigianato, partecipazione e impegno sociale, ricerca accademica e tradizioni popolari. I suoi progetti, radicati a Napoli, hanno preso forma a partire dai lavori svolti nel Rione Traiano negli anni ’70, quando Dalisi ha incoraggiato i ragazzi di strada a progettare arredi ed elementi architettonici utilizzando materiali semplici come legno, spago e fili di metallo. La mostra include anche fotografie di Mimmo Jodice che documentano questo lavoro.

L’omaggio a Mimmo Jodice

La mostra dedicata a Mimmo Jodice presenta una fase diversa del lavoro di uno dei maggiori interpreti della fotografia contemporanea. A partire dagli anni ’80, Jodice si è concentrato sull’esplorazione dei temi dell’antico, della memoria e delle origini. Le fotografie esposte fanno parte del progetto Mediterraneo, e sette esemplari “vintage” sono stati acquisiti dalla Collezione di Fotografia del Maxxi Architettura.

Il direttore del Maxxi, Alessandro Giuli, afferma che la sfida del museo è considerarlo in tutte le sue potenzialità e riconoscere che la programmazione culturale è uno strumento di diplomazia culturale.