Giorgio Napolitano è morto a 98 anni. Durante la sua vita, ha avuto un ruolo significativo nella politica italiana, non solo come presidente della Repubblica, ma anche come membro del Partito Comunista Italiano (PCI). La sua adesione al comunismo è iniziata a Napoli nel dopoguerra, in un contesto di problemi sociali e di resistenza al sistema monarchico. Durante il dibattito sull’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956, Napolitano si schiera contro i dissidenti, sostenendo che l’intervento militare aveva aiutato a “salvare la pace”.
Come segretario della federazione di Napoli del PCI, Napolitano stringe rapporti con importanti personalità del partito, come Emilio Sereni e Giorgio Amendola. Tuttavia, nonostante queste relazioni, Berlinguer viene scelto come vice-segretario al posto di Napolitano, a causa della sua capacità di trovare un accordo con i movimenti studenteschi e operaisti.
Nel corso degli anni, Napolitano mantiene un atteggiamento filosovietico, condannando esplicitamente il Manifesto, un gruppo che critica l’Unione Sovietica da posizioni di sinistra. Il suo distacco dall’URSS avviene solo con l’intervento sovietico in Afghanistan.
Un tema centrale dell’azione di Napolitano diventa l’europeismo, cercando di far convergere il PCI nella famiglia del socialismo europeo. Durante il suo primo mandato come presidente della Repubblica, deve fronteggiare diverse crisi politiche. In seguito alle dimissioni di Romano Prodi, Napolitano cerca di rinviarle alle Camere, ma alla fine nomina Mario Monti come presidente del Consiglio dei ministri.
La scelta di Napolitano di nominare Monti viene criticata da coloro che ritengono che abbia accettato una sorta di “commissariamento” dell’Italia da parte dei partner europei. Durante i governi successivi, il governo Monti, il governo Letta e il governo Renzi, i risultati non sono stati positivi.
Napolitano, con la sua esperienza e serietà politica, ha portato un metodo di intervento basato sulla passione e l’opinione personali legate all’esperienza comune. Nonostante la sua carriera politica sia stata caratterizzata da modifiche e revisioni delle proprie posizioni, ha sempre difeso con tenacia le sue convinzioni.
Ora, è la storia a dover valutare l’influenza di Napolitano sulla politica italiana. Tuttavia, la sua lezione di serietà, competenza e lettura della realtà nazionale e internazionale è ancora valida oggi, quando queste virtù sembrano scarseggiare nelle classi dirigenti. È importante che l’Italia faccia tesoro del suo passato per comprendere il presente e affrontare il futuro con saggezza.