Maryam, una donna di 29 anni originaria di Herat, ha condiviso la sua esperienza come rifugiata fuggita da Kabul dopo il ritorno dei talebani al potere. Da giovane, Maryam non poteva uscire di casa da sola e doveva essere sempre accompagnata da un fratello o da suo padre. Le venne imposto di indossare l’hijab e la scuola era separata per uomini e donne. Dopo aver lasciato l’Afghanistan con suo marito Nawid, un dipendente della Banca Mondiale di Kabul, i due si rifugiarono in Pakistan, dove affrontarono restrizioni pesanti a causa del loro status di rifugiati afghani. Senza poter lavorare o uscire di casa a causa delle restrizioni della polizia, la coppia è riuscita a lasciare il paese per l’Italia, dove ora risiedono a Larino come ospiti del progetto Sprar.
Maryam ha vissuto in Iran come rifugiata afgana quando era bambina, poiché suo padre l’aveva portata con sé. Tuttavia, in Iran, non avevano gli stessi diritti e c’erano restrizioni pesanti, come l’obbligo di indossare il velo e l’impossibilità di partecipare a gare sportive a scuola. La sua famiglia dovette pagare molto denaro per permetterle di studiare. Maryam e i suoi genitori tornarono in Afghanistan poco dopo la caduta dei talebani perché la situazione in Iran era diventata insostenibile.
Quando si trasferirono in Pakistan, le cose non migliorarono. Non potevano uscire di casa e, se la polizia li avesse scoperti per strada, avrebbero dovuto pagare per evitare di essere portati in ufficio, nonostante avessero i documenti in regola. Era impossibile trovare lavoro e la coppia aveva difficoltà persino a procurarsi il cibo.
Ora, Maryam e Nawid sono ospiti del progetto Sprar a Larino, dove vivono con serenità insieme al loro figlio di 5 anni, che frequenta la scuola d’infanzia. Non provano nostalgia per l’Afghanistan e non hanno intenzione di tornare. Il loro futuro è proiettato in Italia, dove stanno valutando di proseguire gli studi e trovare un lavoro nel campo delle scienze politiche.